Succede che un amico mi chiede di aiutare la sua mamma (quasi ottantenne) nella stesura della sua autobiografia. Come sempre, la parte più delicata è l’incontro. Se nasce un’intesa, tutto si compie senza forzature, se non scocca la scintilla è meglio fare un passo indietro. Così nessuno si farà del male. Molto spaghetti-western come frase, ma la scrittura cura e non è mai gratis.

In questo caso, però, con il mio amico sono irremovibile: nessun compenso. Se l’intesa avviene, io e la sua mamma seguiremo i tempi giusti e questo comporta un sereno affidarsi agli eventi giocando nella stessa squadra con ruoli diversi e complementari.

Incontro Rita e ci piacciamo già al primo sorriso. L’avventura è iniziata. Da quasi un anno ci vediamo ogni sabato mattina, la storia diventa sempre più dettagliata e la scrittura sempre più sicura. La sua scrittura, perché io non faccio altro se non riportare al computer quello che Rita scrive sui suoi quaderni durante i giorni che separano un incontro dal successivo. Ogni tanto aggiungo una virgola oppure un punto. Le sue parole sono sempre precise, perché cura molto ogni pensiero prima di lasciarlo sulla pagina a quadretti o a righe con la penna blu.

In questi mesi ci sono state alcune settimane di sospensione perché Rita ha avuto qualche problema di salute, che con la sua sempiterna forza ha superato. Alla grande, direi. Durante l’estate ha trascorso quasi un mese in montagna con le sue due sorelle, è stata una vacanza piuttosto impegnativa perché volevamo entrambe che nel libro rientrassero anche i loro ricordi, ma non è andata come avremmo voluto. Quindi al suo rientro abbiamo raccolto tutto quello che era riaffiorato in superficie e gli abbiamo trovato il giusto spazio tra una pagina e l’altra. Questo ha accentuato certi passaggi, rendendoli intensi e piuttosto toccanti. 

All’inizio, durante uno dei nostri primi incontri, mentre vagliavamo le diverse strade da percorrere nelle linee narrative che in un arco temporale considerevole sono da curare necessariamente, le avevo chiesto di raccontare anche gli episodi/eventi felici, perché anche la felicità si può raccontare e – spesso – viene invece considerata marginalmente, quasi fosse meno importante dei dolori attraversati.

Nel nostro incontro di sabato scorso, Rita mi ha consegnato le pagine scritte dicendomi: “Questo andava detto, era proprio arrivato il momento di scriverlo. Sono molto contenta… “. Una pagina e mezza, frasi talmente limpide e brillanti che mi hanno fatto entrare naturalmente dentro un film degli anni ’60, in una Milano vivace dove i ragazzi e le ragazze si incontravano nelle sale da ballo e nascevano amori che potevano portare lontano (fino al matrimonio e a una nuova famiglia). Ho avuto il privilegio di leggere di quella felicità che ha la dolcezza della giovinezza e un retrogusto amaro, quello di una storia che non è andata come doveva, senza un lieto fine.

Non credo di riuscire a descrivere l’orgoglio che ho provato per questa incredibile Donna, capace di andare fino in fondo a sé stessa per raccogliere ogni tassello della sua esistenza. Talmente coraggiosa da riattraversare non soltanto le fatiche e le sofferenze, le ferite e le sconfitte, ma anche le felicità che  – sparse un po’ qua e un po’ là – hanno arricchito i suoi anni. Perché quando scrivi i dolori trovano sollievo, ma le felicità abbracciano la nostalgia e il cuore si stringe un bel po’.

“Ci siamo, Rita. Adesso è il momento di scrivere quelle pagine che aspettavamo!”, le ho detto. E lei ha sorriso annuendo con decisione.

Mentre la guardavo ho ricordato una delle pagine che ho amato di più, scritte da Marguerite Yourcenar

(…) Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che ceramente non vedremo mai piu’… cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti…”  (Marguerite Yourcenar – Memorie di Adriano – Ed. Einaudi)

Quando gliel’ho detto, Rita si è presa un lungo respiro.

I suoi occhi aperti, gli stessi di Adriano, hanno conquistato ogni terra percorsa, e ora anche lei lo sa.

“La scrittura è come un susseguirsi di onde – diceva Virginia Woolf – che arrivano fino alla battigia e poi si ritraggono incessantemente lasciando quello che può essere raccolto (per conservarlo o per buttarlo). Onda dopo onda si svela la nostra storia. Ora sai esattamente cosa significa… “, le ho detto.

“Sì, è proprio così”, mi ha risposto con lo sguardo che non teme nulla.

Succede che in momenti come questi, qui e ora, io mi renda conto improvvisamente di quanto la scrittura mi abbia donato, in ogni fase della mia vita, e quanto riesce ancora a darmi grazie a incontri come questi.

Non potevo lasciar passare questo momento per me importante senza scriverlo. E spero che questa storia vi faccia nascere un sorriso, in giorni non semplici e per nulla leggeri.

Credo che si debba vivere con gli occhi aperti per riuscire ad amare questa vita. Vita che scriviamo dentro di noi, silenziosamente, senza quasi accorgercene se non forse alla fine.

Con malinconia e (sempre) un po’ di rimpianto.

😉

 

Vai all’articolo precedente ——–> 

Torna in homepage per scegliere altri articoli da leggere —————>