Si fa presto a partire. Forse si fa presto quando hai già deciso e tutto è stato programmato. O forse quando lo fai d’abitudine e non ci fai più caso. Perché partire è uno di quei verbi che ti fanno scivolare, comporta complicanze e grattacapi, un verbo così se lo prendi troppo seriamente è la fine. Potresti non voler più tornare.

Non sto parlando di partire in quarta, di partire per la tangente, di partire con la testa o da un presupposto sbagliato, bensì di lasciare un luogo. Per un po’ o per sempre.

Mr. Johnson era povero in canna, dotato di talento letterario e di una personalità notevole, ma povero in canna. Partire, per lui, doveva essere un lusso poco praticabile, ma vivere a Londra nel 1700 implicava essere nel luogo più ambito quindi anche se tu non andavi lontano era il mondo a venire da te. E il vecchio Samuel viveva in città e aveva una bella parlantina, riusciva a staccare frasi perfette che producevano un certo effetto su chi l’ascoltava. Sembra fossero in tanti a dargli credito, cosa di cui non dubito visto che pure io ho dovuto fermarmi quando un suo aforisma mi ha attraversato la strada:

“Essere felici a casa è il massimo risultato dell’ambizione.”

Samuel Johnson

 

Stavo pensando di scrivere questo articolo e mi stavo domandando se avessi voluto – seduta stante – partire. Samuel mi ha quindi ricordato che l’ambizione massima di una persona sarebbe essere felici in casa propria, perché partire per essere felici senza quella premessa si rivelerebbe comunque un’illusione. Personalmente quando sono a casa, nella mia casa, io sto maledettamente bene. Tanto bene che se non dovessi uscire per questioni di vita lavorativa e sociale potrei dirmi perfettamente felice.

Quando parto, però, la felicità cambia aspetto. Mi rendo conto che muovermi, che è l’azione del partire, mette in gioco delle parti di me che stavano soffrendo in silenzio, perché imprigionate nel mio stare maledettamente bene a casa. Forse il vecchio Samuel non era un gran viaggiatore, quindi ignorava la felicità del Essere Altrove, che si esplicita quando puoi esistere nonostante l’esposizione senza rete, mentre cammini un mondo non tuo. Quindi non ce l’ho con lui, sia chiaro, ma stavolta dissento. 

Chiarito questo, sì… ora partirei. Andrei in quel luogo che non avrei mai pensato esistesse e che invece c’è. Ci andrei per respirare quell’aria e guardare quel cielo e studiarmi le sue albe e i suoi tramonti. Ci andrei per ascoltare i suoni di una lingua che è così lontana dalla mia e che non necessariamente riuscirebbe a raccontare i miei pensieri ma potrebbe renderli più grandi, chi lo sa. Ci andrei per dirmi (come ho fatto in ogni mio viaggio): guarda dove sei! Guarda dove sei! – con tutto quello che comporta il dopo, il non essere più lì. Ovviamente.

Oggi non parto, magari neppure domani, ma chissà…

Si fa presto a partire? Forse basta saperlo sognare e prima o poi si va.

 

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