Ho sempre creato nel mio quotidiano delle micro-attività che – in loop – mi permettessero di ancorarmi a una piccola abitudine. Le giornate possono andare a remengo ogni tre per due, mica controlli quello che succede attorno a te, ma quella cosa piccola che ti puntelli lì dove hai bisogno di stare diventa vitale. Per assurdo, potrebbe anche essere qualcosa di non proprio salutare, per assurdo funziona anche quello.

Sì, diventa una dipendenza. Potrebbe essere un problema? Forse. Ma anche no. Dipende dalla dipendenza.

Quand’ero bambina facevo delle cose ogni giorno uguali. Non era necessariamente la merenda, non era per forza di cose andare a scuola o i compiti, non era ovviamente lavarmi e pettinarmi e-che-ne-so-io (tutte quelle attività che devi fare punto e basta). Un esempio? Mi trovavo un posto dove potevo stare da sola, in pace, e mi raccontavo una storia. Ero piccola, quindi non è che fossero storie sensate e manco me le ricordo, ma ricordo dove stavo e che stavo lì per un po’. Qualcuno oggi mi definirebbe sociopatica naturale, e non potrei dargli torto.

Fatto sta che quei piccoli loop che ci creiamo hanno una loro valenza e anche una certa efficacia. Altrimenti non lo faremmo. Semplice.

Mi è venuto in mente perché leggendo questo post di Seth Godin il mio pensiero si è incagliato in una sorta di spirale che mi sta tirando giù fino ai miei abissi.

We spend almost no time teaching toddlers about freedom. Instead, the lessons we teach (and learn) for our entire lives are about responsibility. It’s easy to teach freedom, but important to teach responsibility. Because if you get the responsibility taken care of, often the freedom will follow.

When someone points out a lack of responsibility, it can feel like an affront on freedom, when it’s actually a chance to create more freedom for the rest of the community.

You can drive as fast as you want. But you are also responsible for not running over someone in a school zone…

The speed limit is not taking away our freedom, it’s reminding us of our responsibility.

When we build a culture of people who eagerly seek out and take responsibility, we build a culture that enables a special kind of resilient freedom.

[The freedom loop – Seth Godin]

 

Sono partita da lì e poi mi sono allontanata, lasciando riaffiorare quel che sto scrivendo.

 

Sentire quel tipo di peso, quella responsabilità, nei confronti di noi stessi ci può portare lontano. Stavo valutando che a un certo punto – vivendo – si tende a dimenticare che è una abitudine vitale e lo sentiamo solo come un altro fardello da trascinarci dietro. Dovrebbe invece aprirci il cammino. Se quella responsabilità personale, come Seth Godin afferma, la facessimo diventare la nostra guida cosa potrebbe succedere?

Nel mio caso, quella bambina che si prendeva la responsabilità di preservare sé stessa – nonostante il resto del mondo – era ben più saggia dell’adulta che sono diventata che si carica quel mondo sulle spalle e pensa di poterlo fare senza spaccarsi la schiena.

Essere responsabili per essere liberi, ha un suono più leggero di essere responsabili per vivere consapevolmente. E leggero non significa senza peso o vuoto, significa soltanto più facilmente trasportabile. Perché no?

Un gatto è profondamente e istintivamente responsabile per sé stesso. Decide, fa e briga senza chiedere il permesso a nessuno e se ne prende le conseguenze. Crea le sue abitudini e le cambia quando ne ha abbastanza, magari poi se le riprende tali e quali ma non è detto. Salta e cade, decide di risaltare per poi ricadere ma anche no, sa che quello è stato un evento e non è detto che si replichi. La sua libertà è malleabile, non lo è a prescindere totale e incondizionata. Se sta male si prende cura di sé, se è infastidito si prende cura di sé, se è affamato si prende cura di sé, se ha sonno si prende cura di sé, se vuole vicinanza si prende cura di sé. Nei tempi e nei modi che per lui vanno bene. Più responsabile di così è difficile.

Ecco, vorrei essere un gatto.

 

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