Negli ultimi anni il mio interesse è shiftato, dall’Occidente si è trasferito in modo pressocché definitivo in Oriente. C’ero già là da anni, ma in modo saltuario. Ora l’Occidente è un pensiero archiviato, un fastidio più che altro. Non so spiegarlo meglio, non c’è neppure bisogno di spiegarlo credo, questo vuole essere soltanto un incipit. Quindi andiamo al sodo.

 

HAN  (da “Atlante delle emozioni umane” – Tiffany Watt Smith)

Stando alla scrittrice Park Kyung Ni, l’emozione chiamata han è una parte profonda della psiche coreana. Lei la attribuiva al fatto che il paese sia stato una colonia per molto tempo, e la racconta come l’accettazione collettiva della sofferenza, unita a un silenzioso desiderio che le cose cambino – e a una risoluta determinazione ad aspettare quel momento.

“Se vivessimo in paradiso”, scriveva Park, “non ci sarebbero né lacrime, né separazioni, niente fame, attesa, sofferenza, oppressione, guerra, morte. Non avremmo più bisogno di sperare, né di disperarci […] Noi coreani chiamiamo questa speranza Han […] Credo significhi tristezza e speranza allo stesso tempo.”

Qualche giorno fa, l’attuale presidente sud-coreano ha pensato – per nascondere le sue malefatte e quelle della sua consorte – di far precipitare il proprio paese in un regime dittatoriale tirando fuori dal suo libro nero la legge marziale.

Il parlamento non è rimasto a guardare, come lui si aspettava. Non è rimasto ad aspettare con tristezza e speranza il momento di reagire, ha reagito. Forse il popolo coreano sta dando un significato migliore di han, risistemandolo alla luce del millennio attuale. Confortante, vero? Loro stanno cercando di evolvere, incredibile vero?

Han è il nome del fiume che attraversa Seoul, spesso c’è chi decide di non aspettare oltre e senza speranza ma pieni di tristezza si buttano dal Ponte Mapo. La disperazione di uno può essere definitiva, senza salvezza, la disperazione di un popolo può andare oltre e rivelarsi salvifica.

Ad ogni modo, oggi volevo parlare di cose che capitano all’improvviso ma che sono telefonate insistenti (che girano nell’aria da parecchio), di scelta, di speranza e tristezza, di evoluzione, di contraddizioni e… di come un’emozione può delimitare la nostra libertà o può innescare l’azione per cambiare quello che non va bene e deve essere cambiato.

Ci sono riuscita? Boh.

Buon lunedì

🙂

 

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