L’anno nuovo è iniziato, quindi auguri! Ecco, detto così lo si può interpretare in diversi modi, tutti giusti tra l’altro. Costruire il 2023, invece, penso non sia un concetto fraintendibile. Ha soltanto bisogno di essere esploso un po’ per delinearsi meglio nella forma e nel contenuto. Questo farò, quindi, lo farò esplodere.

Che lingua meravigliosa la nostra, posso parlare di costruire facendone esplodere il concetto senza causare morti… notevole.

Dopo tutto quello che abbiamo affrontato e che stiamo attraversando in questo merdaviglioso periodo storico, è già una buona cosa che ci sia rimasta la voglia di festeggiare il nuovo anno. Festeggiarlo come, e quanto, è cosa strettamente legata al mood personale. Ammetto che il mio è piuttosto refrattario all’obbligo di santificare le feste, preferisco impegnarmi in altro, quindi il pensiero in cui mi sono voluta immergere è proprio quello legato all’azione del costruire

costruire (ant. construire) v. tr. [dal lat. construĕre, der. di struĕre “ammassare, costruire”, col pref. con-] (io costruisco, tu costruisci, ecc.; pass. rem. costruìi o costrussi, costruisti, ecc.; part. pass. costruito o, meno com., costrutto). – 1. a. [tirare su, con l’unione delle parti convenientemente disposte: c. un motore] ≈ assemblare, (non com.) congegnare, fabbricare, fare, mettere insieme. ‖ montare. b. [dare vita a edifici, anche assol.: c. un palazzo; si è costruito molto in questa zona] ≈ alzare, edificare, (lett.) ergere, erigere, fabbricare, innalzare, (fam.) tirare su. ↔ abbattere, (fam.) buttare giù, demolire, distruggere, smantellare, spianare. c. (fig.) [dare vita a qualcosa di immateriale, detto di sistema, teoria e sim.: c. la propria tesi, un progetto] ≈ comporre, congegnare, creare, fondare, formare, ideare, inventare. 2. (gramm.) [mettere in sequenza le parole di una frase, disponendole secondo le loro funzioni: c. un periodo] ≈ disporre, ordinare, organizzare.

Che bel verbo, vero? Mi piace soprattutto nel senso di assemblare, mettere insieme. Non è quello che facciamo tutti? Mettiamo costantemente assieme pezzi di noi per tirare su le nostre vite, seguendo una certa idea di come la nostra vita dovrebbe essere e dovrebbe funzionare… una composizione in perenne work-in-progress che non ci soddisfa mai. Lo scopo dovrebbe essere di ordinare/organizzare il nostro essere dentro e contemporaneamente fuori nell’economia di un contesto che ci obbliga a tenere conto di ogni variabile (felice e drammatica) che potrebbe travolgerci. In un niente, quasi un soffio, da un momento all’altro.

Ebbene, cullandomi in questi pensieri mi sono imbattuta in un TEDtalk di Renzo Piano che mi ha arricchito di ulteriori riflessioni. Per esempio:

L’Architettura è una forma d’arte al confine fra arte e scienza. Si nutre di vita reale, ogni giorno. È guidata dalla forza della necessità (…).

La forza della necessità muove tutto, costantemente.

Sapete, per essere un architetto, alle 10 del mattino, si deve essere sicuramente poeti. Ma alle 11, si deve diventare umanisti, altrimenti si potrebbe perdere l’orientamento. E a mezzogiorno, si deve assolutamente diventare costruttori. Si deve essere in grado di costruire edifici, perché l’architettura, alla fine, è l’arte di costruire edifici. L’architettura è l’arte di costruire un riparo per gli esseri umani. Fine. E non è affatto semplice.

Costruirci un riparo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è la necessità primaria. Ripararci da tutto quello che ci può cadere addosso, da tutto quello che ci può travolgere e farci a pezzi, da tutto quello che non conosciamo e che ci fa sentire deboli, disorientati, inermi. Carne da macello.

No, non è affatto semplice.

Ora che l’ho scritto mi viene quasi da piangere, risulta di una tristezza assordante, eppure è da qui, da questi presupposti che ci viene chiesto di costruire noi stessi e costruire l’ambiente in cui vogliamo vivere. E se vogliamo costruire sappiamo che ci sono attrezzi utili e altri no. Sappiamo quali usare e come si usano perché lo abbiamo fatto milioni di volte, in tutte le circostanze possibili, in condizioni anche decisamente misere quando proprio non avevamo niente. Sappiamo come si fa. Dobbiamo soltanto mettere da parte la paura della fatica e del fallimento. Anche quella conosciamo bene perché siamo anime antiche e di strada ne abbiamo macinata tanta e siamo caduti spesso e ci siamo rialzati una volta in più di quello che avremmo voluto. Chissà poi perché. Chissà.

Quindi costruiremo il 2023, pezzo per pezzo, perché sappiamo come fare e sappiamo che non abbiamo altra scelta. Stavolta dovremmo costruire sulla base di ciò che è già successo e fare in modo che anche quando il vento soffierà senza preavviso colpendoci impietosamente (come sempre fa) i danni saranno contenuti. Ci avevamo già pensato, lo avevamo già previsto, ci eravamo già attrezzati. Giusto?

Vi auguro sia così. Auguro che sia così per tutti: una costruzione intelligente del nostro presente e del nostro futuro prossimo. Abbiamo bisogno di credere che possiamo ancora sognare un rifugio che ci faccia dormire sonni sereni e di credere che sia possibile realizzarlo per tutti. Insieme.

Auguri!

 

 

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