La meravigliosa scoperta della potenza del nostro cervello dovrebbe essere un diritto di tutti. Nessuno escluso. Anni fa, quando cominciai a leggere avidamente saggi sulle neuroscienze cognitive (capendo meno della metà di quello che c’era scritto)fu come assistere a uno spettacolo pirotecnico dentro la mia testa. Iniziai a fare i collegamenti. I dannati collegamenti!
Della serie: “ecco perché ricordo questo o quello”, “ecco perché non ricordo mai quest’altro”, “ecco perché amo fare questo o quello”… e via di questo passo (o quello). Capire come funziona il mio cervello – anche se a grandi linee – mi ha permesso di amarlo di più e meglio. Mi ha aiutato a prendermene cura e a tenerlo in considerazione sempre, anche quando non lo capisco fino in fondo. Si va sulla fiducia per certe cose, no? Fidarsi del proprio cervello credo sia fondamentale. Specialmente per una professione che richiede il continuo e smisurato uso dei neuroni e relative sinapsi per progettare e realizzare quello che è “soltanto” ispirazione (naturale o pilotata) e, conseguentemente, condivisione.
Non potrei immaginare niente di più nutriente del discorso che la Dott.ssa Lucangeli fa nell’intervento che vi riporto qui di seguito. E potrei commentarlo ma finirei con l’aggiungere soltanto banalità senza senso, quindi vi chiedo di ascoltarla. E vi chiedo: quanto bisogno abbiamo di queste parole? Quanto bisogno abbiamo di sentire – da chi ne sa ben più di noi sul cervello e sulle sue potenzialità – che c’è uno strumento eccezionale a nostra disposizione ogni volta che, invece, decidiamo di metterlo da parte per accontentarci di procedere per inerzia?
Credo ogni giorno. Ripetutamente. E tutti, nessuno escluso.
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