Ci sono delle cose che al primo colpo mi fanno dire “wow!”, con cinque minuti di riflessione ulteriori mi fanno nascere mille dubbi, con altri cinque minuti di approfondimento mi fanno comparire una nuova via sinaptica. Questa settimana il premio “wow-ma-anche-no-e-invece-sì” lo vince l’artista Aram Bartholl con il suo progetto Dread Drops.
Fase 1: la meraviglia
Ne ho letto su Wired, in questi due articoli “Chiavette usb attaccate ai muri di tutto il mondo “ e “I luoghi più curiosi dove trovare le chiavette attaccate ai muri della città”, e ho saputo di questa iniziativa che mi ha scatenato la curiosità. Mi sono detta che era un’idea brillante per diversi aspetti: poteva essere considerata una sorte di caccia al tesoro (quindi divertente), era aperta a tutti (massima accessibilità), era fonte di sorpresa gratuita (chissà cosa contiene, che cosa vuole condividere chi ha inserito qui la chiavetta?). A me queste cose piacciono, in sostanza sono una persona semplice (nel bene e nel male).
Fase 2: il dubbio
Ho lasciato depositare la cosa per alcuni giorni e poi sono stata assalita da un’ansia pesante, legata al fatto che – come al solito – l’idea nasce bene e poi viene gestita alla vaffa da chi approfitta della buonafede delle persone che stanno al gioco. Ho iniziato a fare una lista di tutte le cose orrende che possono finirci sulle chiavette e che una volta scaricate diventano tue. Sono tantissime le cose orrende, vero? Ecco. A questo punto ho cambiato idea: no, è una stupidata. Usata male agevola una parte malata della mente umana che nell’idea iniziale non doveva entrarci. Sbang.
Fase 3: il messaggio
Dentro a quel pensiero pervaso dalla negazione più nera ci sono stata poco, mi sono imposta un passo indietro e ho ricominciato a guardare a Dread Drops come al progetto che mi aveva fatto sorridere ed esclamare “bello!”. Ho visto alcune cose che mi hanno portato in una strada nuova: la chiavetta è un luogo dove ci sono delle informazioni, tu la trovi e ti avvicini perché sei attratto dalla possibilità della scoperta che ti viene offerta gratis e libera. Ci entri, raccogli le info e te le porti via. Lo facciamo sempre, in modo continuato, mentre viviamo. Ogni luogo reale e ogni contesto umano hanno un capitale di contenuti che noi raccogliamo e ci portiamo via per farne qualcosa (o anche niente). Davanti alla chiavetta ci scatta qualcosa che assomiglia alla cautela, ma quella stessa cautela non la utilizziamo spesso. Non più. Diamo per scontato che i luoghi e le persone che ci contaminano non siano pericolosi – a meno che non captiamo dei segnali inequivocabili che ci fanno allontanare – e ci lasciamo catturare e non di rado sopraffare. Non solo sul web, anche nella nostra realtà quotidiana.
Conclusioni (provvisorie)
L’idea rimane bella. Utilizzata bene è stimolante e divertente. In mano a tutti può diventare un’altra cosa. Avrebbe senso riservarla soltanto ad alcuni? No. Cadrebbero i presupposti sul quale è stata progettata. Si può fare qualcosa per proteggerla e renderla sicura. Non credo. A meno che non la si ripensi e la si modifichi seguendo altre logiche. Allora che si fa? Niente. La si tiene così, sperando che lì dentro non ci sia qualcosa di tossico.
Non possiamo controllare le conseguenze di quello che creiamo e mettiamo a disposizione del mondo. Per quanto tu possa essere previdente, lungimirante, consapevole… non ce la farai mai.
Questa presa di coscienza mi rattrista.
Applaudo gli artisti e i creativi, però.
Sempre.
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