Sono peggiorata, lo ammetto. La mia velocità di reazione sta risentendo pesantemente dell’età che avanza e non è più come una volta che con il mio scazzo-alla-risposta mettevo al loro posto chi applicava la cattiveria come filosofia di vita. Potrei millantare saggezza, un controllo razionale del mio istinto distruttore, ma francamente non ne ho le forze.
reazione /rea’tsjone/ s. f. [der. di reagire, secondo il modello del rapporto agire-azione]. – 1. [atto o comportamento con cui si risponde a un’offesa, a una violenza e sim.: uno schiaffo fu la sua r. all’insulto] ≈ replica, risposta. ‖ ribattuta. (…) [Treccani – Sinonimi e Contrari]
Quand’ero giovane c’erano degli argomenti che mi facevano vedere rosso, partivo alla carica con corna appuntite e disarcionavo chiunque calpestasse un’Anima. O stavo sulle scatole o stavo simpatica, non c’era via di mezzo. Io me ne fregavo delle conseguenze, non ho mai creduto alle lusinghe e non ho mai dato troppo credito alle critiche feroci (se sono feroci il problema sta a monte, non sono io la causa sono soltanto il pungiball più a portata di mano).
A un certo punto, però, quella velocità di reazione istintiva ha iniziato a perdere forza. Più scrivevo, sulle miserie umane e sulle cose violente e prive di senso che incontravo, e più avevo bisogno di tempo per rifletterci sopra. Mentre rifletto sto in silenzio, quel silenzio può stendersi su intere settimane, dipende da quanto è aggrovigliata la situazione.
Il fatto è che mi scoccia incazzarmi sulla base di informazioni superficiali e lacunose, preferisco una fredda furia strutturata che parte da presupposti inossidabili. Questione di gestione delle forze disponibili, immagino.
La mia velocità di reazione alla visione di “Questo mondo non mi renderà cattivo” (di Zerocalcare) ha ripreso un certo vigore facendomi sprofondare in un riflessivo silenzio. Ero preoccupata che mi si fossero anestetizzati i sensi, specialmente quello etico, invece mi sono accorta che ho proprio cambiato modalità nella gestione della reazione. Reazione che è sempre la stessa, ma meno evidente. Più strutturata.
Non so dire adesso se sentirmi sollevata o amareggiata, certamente lo scoprirò tra un po’ e me ne farò una ragione. Pensavo di essere diventata cinica, gelida e strafottente, che il mondo mi avesse masticato e risputato fuori tritando ogni mia resistenza. Lo pensavo perché certi cambiamenti li ho subiti più che voluti, non capendoli neppure troppo bene.
Credo sia arrivato il momento di rivederli sotto un’altra prospettiva. Una sorta di rebranding cerebrale.
Forse più che la velocità di reazione, conta individuare l’origine nella quale quella reazione trova motivo per esplicitarsi che non è necessariamente la prima che ti viene in mente. Forse neanche la seconda o la terza. E sempre per la questione dei perché*, la velocità è una condizione sopravvalutata e non sempre utile.
A meno che tu non sia inseguito da un Velociraptor.
Allora corri.
Più veloce che puoi.
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