(657) Abnegazione

Questione delicata, ma oggi mi va di parlarne. Dedicarsi a qualcosa o a qualcuno con tutto te stesso è un atto di grande potenza. Talmente grande che potrebbe ritorcersi contro di te e distruggerti. Si può cadere nell’ossessione, nel delirio. Un rischio che è meno remoto di quel che si potrebbe pensare.

Mantenere il controllo della dedizione che mettiamo in campo non è cosa da poco e non è cosa da tutti. 

Per molti anni, lunghi anni, ho pensato di aver perso il senso del giusto, di aver focalizzato la mia energia su obiettivi irrealizzabili – no, non ho mai avuto problemi riguardo alle persone a cui mi sono dedicata, non più di tanto almeno. Ho dubitato della mia sanità mentale, ho pensato che l’ossessione mi avrebbe consumato e reso folle.

Ultimamente la realtà mi sta rassicurando. Il sollievo è enorme, il sollievo fa respirare di nuovo il fuoco che cercavo di contenere. Pazzesco, vero? La mia mente non si pone più limiti, sta allargando le sue braccia per lasciare liberi pensieri ora leciti. Pazzesco davvero. 

La mia abnegazione mi ha resa libera, non schiava. Il rischio c’era, non so come io abbia fatto a schivarlo, ma è un rischio che adesso posso contenere (non domare, ma contenere sì) ed è una cosa grande. Grandissima. 

Non sto dicendo che io non sia stata folle a vivere nel modo in cui ho vissuto, anzi, sto solo facendo il punto della situazione per rendermi conto che posso abbandonare la paura, posso abbandonare le insicurezze, posso abbandonare la vecchia visione di me stessa che mi voleva soltanto e poveramente folle e patetica. Sembra facile, vero? Non mi è facile, lo assicuro, ma ho intenzione di dedicarmici anima e corpo, voglio ribellarmi al giudizio che ho avuto fino ad ora di me stessa e voglio avere la meglio. 

Sono folle? Certo che sì, ma come si dice? Ah, sì: ai posteri l’ardua sentenza.

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