(1039) Chiuso

A volte si ha l’impressione che basti chiudere per mettere tutto a posto. Non so se per gli altri funziona, con me funziona poco e male. Poco e male. Le cose non si mettono a posto da sole, solitamente mi richiedono parecchia fatica per sistemarsi, e mai troppo bene. Mai troppo bene. 

Ho chiuso diverse volte, pensando anche che fosse per sempre, ma mi sono sbagliata. Il per sempre è una conquista di pochi. Solitamente non mia.

Ho anche provato a non chiudere, ma non è andata meglio, è andata soltanto diversamente. Per un po’. Poi ho dovuto chiudere. Non sono fatta per le mezze misure, mi innervosiscono.

Tutto quello che è chiuso, però, fa venire voglia di riaprirlo, e non è mai una buona idea. Mai. Eppure ci si casca, si riapre, si piomba nella bruciante delusione e si richiude. Possibilmente sbattendo la porta, perché così scarichi un po’ di rabbia per essere stata un’idiota.

Tutto quello che è aperto rischia di venire chiuso. Se non lo chiudi tu e ci pensa qualcun altro non la puoi prendere bene, devi indossare i panni della vittima e farti venire una buona idea per raccontartela meglio. Non sempre funziona. Non sempre è possibile. Non sempre ti viene in mente perché sei troppo arrabbiata.

Il discorso se lo si fa scendere dal vago e generale e lo si indossa, non fa una grinza. Il punto è che tutti i giorni noi chiudiamo qualcosa e chiudiamo qualcuno fuori, e che non è detto che sia per sempre, ma pur sempre vuol dire qualcosa. E passarci sopra con leggerezza potrebbe non essere una cosa furba.

Chi sta fuori e chi sta dentro? Meglio fare la conta.

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(866) Meccanismo

Per una sorta di maledetto meccanismo quando il panico arriva io me ne vado. Me ne vado proprio. Se non lo si prova non lo si può capire. Non è una cosa che programmi, è un automatismo che non ha bisogno di tasti da premere. Arriva il panico e io me ne vado. Stop.

Questo mi ha permesso, suppongo, di sopravvivere quindi non è che lo viva male, anzi. Solo che ho pensato che se lo scrivo magari lo capisco meglio. Capire meglio non fa mai male, al massimo dà qualche fastidio. Un fastidio sopportabile. Non capire mi fa venire l’orticaria.

Ritornando al panico, valutando in soldoni i precedenti, posso soltanto dichiarare che non l’ho provato spessissimo, ma le volte che si è presentato alla porta l’ha trovata sempre aperta. Chiudere a chiave sarebbe una buona idea, lo so, ma è una di quelle cose che dimentico di fare sistematicamente. Fatto sta che lui arriva e io manco ci provo a parlargli, me ne vado e basta. Lascio lì il resto di me. E via.

Ok, un’altra cosa che mi viene in automatico è, davanti a una persona che mi sta mentendo, spingere la conversazione finché non si palesa in tutta la sua miseria. Qui ne sono cosciente, mi parte l’embolo e inizio ad incalzare il mio interlocutore finché non lo vedo annaspare. Ci riesco sempre. Detesto essere presa per fessa, una volta stavo zitta, ora molto meno. Mi parte l’embolo. E via.

Un’ultima cosa che faccio in automatico è dare per scontato che se qualcuno mi chiede un favore io sia tenuta a farglielo. Non mi chiedo mai il perché si siano rivolti a me e se sia il caso di rispondere sì o di declinare. Mai. Un’assurdità che solitamente pago con un mezzo travaso di bile, perché la maggior parte delle persone non ha ritegno, chiede e pretende, pretende e continua a chiedere, senza scrupoli. Ok, qui ho preso le mie misure. La mia testa dice sì in automatico, io mi prendo due minuti per pensarci. Magari dico sì lo stesso, ma con coscienza. Così poi mi incazzo con me stessa e con la mia coglionaggine. Tutto perfetto. 

Va bene, penso di aver detto tutto anche per oggi. Vado a letto. In automatico.

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