(608) Ritardo

“Sono in ritardo-sono in ritardo-sono in ritardo… “, questa è la vocina dentro la mia testa che mi accompagna da anni ormai. Devo essere imparentata in qualche modo con il Bianconiglio, non c’è altra spiegazione. Sì, perché nella realtà dei fatti io sono quella che a ogni appuntamento arriva almeno un quarto d’ora prima dell’orario stabilito. Quindi in quel senso non sono mai in ritardo.

Allargando leggermente lo sguardo, però, e sublimando il concetto, posso chiaramente verificare quanto io sia dannatamente in ritardo rispetto a una tabella di marcia basic per quelli della mia età. Non è un semplice ritardo, è un ritardo spaventoso. Davvero spaventoso, senza scherzi né eufemismi. 

La mia testa ragiona ancora come se io fossi nei miei venti, come se il tempo che mi rimane – virtualmente parlando – non fosse un problema, come se ci fosse ancora tutto l’agio possibile per realizzare quello che voglio… follia. La vocina-Bianconiglia ha ragione: SONO-IN-RITARDO!

E non è un ritardo che si recupera, non è un ritardo che si colma con altro, non è un ritardo che passa inosservato (soprattutto). Per il 90% delle cose che non ho realizzato e che non realizzerò me la sono messa via, ma l’ultimo 10% non mi va giù. Me la sto ancora raccontando che tutto è possibile. Patetica, lo so, ma nel paese delle meraviglie funziona così. Lì non ci sono parametri rigidi, a cominciare dal non-compleanno, il relativismo ha preso possesso di quella realtà e tutto procede alla grande.

Se il mio ritardo fosse spedibile in un altrove interessante, forse si dimenticherebbe di me e la vocina sparirebbe. Non lo so, so solo che sono in ritardo-sono in ritardo-sono in ritardo…

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(553) Calimero

Col detersivo giusto, Calimero tornava bianco e ritornava dalla sua mamma. Ricorda qualcosa vero?

Una vocina irritante, un atteggiamento irritante, un personaggino irritante che ha segnato l’infanzia di chi è nato negli anni ’70. Irritante pure questo, no?

Stavo pensando che spesso ci fanno passare per cose di valore cose che non lo sono affatto. A noi suona storto, ma ci ripetono che ci stiamo sbagliando, che quello che pensiamo, quello che sentiamo, non va bene.

Non va bene. Qualcuno ti dice che non va bene e a te dovrebbe bastare, dovresti smettere di pensare e di sentire come pensi e come ti senti perché qualcuno ti dice che non va bene. Ormai quello che va bene e quello che non va bene ha contorni talmente stemperati che sembrano non esistere più. E anche la questione di chi ti dice che non va bene si è complicata. Ti dicono che non va bene e poi scopri che sono loro che non vanno bene. E cosa fai se hai messo il cervello in naftalina? Cosa fai se ti sei lasciato convincere che non andava bene e hai smesso di pensare, hai smesso di sentire?

Disastro. Chi ti tirerà fuori dal pozzo? Ci hai mai pensato? Dovresti, dovresti. Perché non serve a nulla stare lì a inveire contro tutto quello che non va bene, non serve a te, non serve agli altri. Bisogna trovare un altro modo. Se vuoi, però, fare come Calimero, allora tira fuori la vocina e di’ come lui:

«È un’ingiustizia però!»

Ti senti meglio? No, vero? Ok, cominci a capire. Questo va bene, fidati, questo va molto bene. Inizia il vero lavoro, ora. Tieniti pronto, sarà come entrare in un frullatore, ma pensare va bene. Sentire va bene. E lo sai anche tu.

Daje.

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