(1066) Anomalie

Quelle cose, spesso dettagli, che non tornano. Non tornano per un sacco di motivi, non tornano e basta. E vorresti fare le domande giuste per avere finalmente le risposte che ti risolverebbero dubbi e malesseri, ma senti che non puoi, che andresti a toccare delicati meccanismi che a sfiorarli soltanto si innescano disastri.

I disastri spaventano.

Anomalie come se piovesse, ovunque. Domande che non si fermano dentro la testa e che se qualcuno presta attenzione ai tuoi occhi le legge anche, prima di girarsi dall’altra parte. 

I disastri spaventano.

E le occasioni non mancano e, a voler ben vedere, le occasioni si possono anche creare appositamente, perché se uno vuole una cosa non trova scuse, non trova giustificazioni, non trova nascondigli fanciulleschi per poi addossare la responsabilità agli altri. Si fa così se si vuole essere adulti: si guarda negli occhi e ci si espone. Ogni anomalia, molto probabilmente, nasconde un piccolo guasto del meccanismo o uno scollamento del reale a favore di uno stordimento che sfugge e che non fa bene, a nessuno. 

Ma i disastri spaventano, specialmente quelli che sai che non puoi controllare. Quindi si ingoiano le domande, si ingoiano i dubbi e si ingoia il malessere. E il malessere ingrassa. Si deposita sulle gambe per renderle pesanti al passo e sulla pancia per renderci goffi e sgraziati. 

Ogni tanto arriva quel giorno che rende tutto particolarmente leggero e dove le cose scivolano come se non dovessero essere causa di nulla di che. Quel giorno tra le parole si formano le domande e si ricevono anche le risposte e non succede nulla, si va oltre. Il disastro è silenzioso. 

Perché il disastro peggiore è quello a metà, quello che in sé non ha violenza esplicita, quello che non chiarisce tutto, che non toglie i dubbi e un disastro silente non fa che aumentare il malessere. E si ingrassa (perché quella è la prassi e non si scappa).

I disastri spaventano e per una buona ragione. E non c’è cura dimagrante che tenga. Fuck.

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