(326) Talismano

La forza ogni tanto manca. Manca il coraggio, manca la voglia. Manca una meta, manca una motivazione. Manchi tu e per quanto tu faccia non riesci a trovarti.

Bisognerebbe farlo: scegliersi un talismano, un portafortuna, una sorta di caricabatterie della presenza d’anima e usarlo secondo necessità. Bisognerebbe farlo in modo intelligente, senza rendersi schiavi, con la consapevolezza che quell’oggetto è solo una prova di quello che tu non puoi vedere perché è dentro di te. Nascosto ma presente.

La vita periodicamente cerca di farmi imparare la lezione: l’attaccamento alle cose, alle persone, non è una buona idea. E la mia testa lo ha imparato, il cuore sta ancora sanguinando per le ultime perdite, ma l’Anima non si rassegna. Non so che farci.

Quindi scelgo periodicamente un talismano, lo tengo con me finché non mi abbandona e quello che posso fare è dare per scontato che mi abbandonerà e nonostante questo tenerlo stretto affidando a lui una parte di me.

Lo so, non è una buona idea, ma la mia Anima non si rassegna e io non so cosa farci.

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(325) Spammare

C’è una logica sotto, in tutto, anche quando la logica si rivela essere illogica e – soprattutto – fastidiosa. Perché ricordiamocelo: il fastidio è lo scopo. Sì, provocare fastidio. Quella cosa che ti punge e poi ti fa grattare: fastidio.

Ora, che io sia di mio una persona piuttosto fastidiosa – mio malgrado – è un dato di fatto che si è andato ad esplicitare in più di un’occasione e non di rado – ok, diciamo spesso. Lo sono per un sacco di ragioni, tutte buone, ma tutte piuttosto indegne della mia considerazione perché risalgono a un’origine – la mia – che non posso cambiare – neanche volendo e sia ben chiaro che non voglio.

Detto questo, però, mi preme precisare che con gli anni il mio essere suscettibile ai pungolamenti e pungolature e alle conseguenze pruriginose è andato via via aumentando fino a raggiungere vette inaspettate. In certi periodi mi dà fastidio tutto. Tutto. Tutti. Senza distinzione, random, senza logica se non quella del fastidio che si basta, si compiace e si autoalimenta.

In siffatti periodi ambisco ad un eremo.

Sto attraversando uno di questi periodi (da due settimane) e so il perché, so esattamente il motivo e anche l’iter che si va a ripetere ormai da decenni. A differenza di un tempo, me lo vivo con un certo distacco. Il fastidio in alcuni momenti rasenta la follia, ma non per questo mi lascio andare, no! Ci parlo con il fastidio, ci discuto, ci trovo del buono nel suo spammarsi a destra e a manca e apprezzo l’opera che compie su di me. Questa esasperazione autoindotta, lo so che è così perché ormai mi conosco, dipende da quel maledetto meccanismo che si mette in atto ogni volta che devo sfornare un’idea e che… non c’ho voglia.

Non ne ho voglia, solitamente, perché mi credo incapace di farlo. No, non veramente, per finta… quasi per scaramanzia. Cioé, mi dico che non ce la farò mai e me lo ripeto per giorni e giorni così il fastidio si sparge in me e io lo spargo ovunque e lo esaspero finché non avviene l’implosione. Mi metto lì, butto giù l’idea, mi rendo conto che ce l’ho fatta, mi compiaccio, ammetto che lo sapevo che ce l’avrei fatta, mi faccio una bella dormita (finalmente) e poi… il fastidio sparisce.

O meglio: il fastidio non è più ovunque, è localizzato, è sotto controllo, è innocuo ormai. E ogni volta la stessa storia. Essere me? Bell’affare!

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