(1013) Cioccolato

Quel che fa bene e quel che fa male. Ognuno ti dice la sua, ognuno portatore di lungimiranti elisir di vita eterna. Ma di qualcosa si deve pur morire. 

Il cioccolato (nahuatl cocholatl) fa bene perché aumenta la produzione di serotonina e muori contento. Questo è un modo per continuare a mangiare cioccolato senza sensi di colpa. Chi dice che il cioccolato fa male non ha capito niente. Lasciamoli parlare.

Ci sono cibi, riflettiamoci su, che creano l’atmosfera: prova a sostituire il cioccolato con le barrette ai cereali e poi dimmi se ti passa la saudade. Ma per favore!

E ogni cosa ha la sua stagione e la sua temperatura ideale. Strafogarsi di cioccolato in piena estate non ti viene naturale, a meno che non lo trasformi in gelato o qualcosa di fresco che gli assomigli molto. Quindi è ovvio che i Pocket Coffee o i Mon Chéri spariscano dai supermercati, sarebbero sprecati. Questo – voglia o no – ti porta uno scompenso, magari così sottile da non rendersi evidente se non in un angolo oscuro del tuo subconscio, infatti quando a quasi inizio autunno ricompaiono ovunque una certa felicità ti pervade. Grazie per essere di nuovo qui con me, amici!

Il cioccolato, in realtà, è stato creata dagli uomini per una ragione sacrosanta: sopravvivere. Anche nei periodi in cui ne faccio a meno, perché non ci penso, il solo sapere che esiste e che è alla mia portata mi fa passare metà dell’ansia. Perché c’è bisogno di qualcosa che ti faccia passare un po’ d’ansia che non sia il Prozac, c’è bisogno.

A questo punto, basita da quanto io stessa non sapevo di pensare riguardo all’argomento, ritorno al presente, a questa estate che è stramba e calda, caldissima e strambissima. Per fortuna che c’è il cioccolato.

Ogni saudade è la presenza dell`assenza / Di qualcuno, un luogo o un qualcosa, infine / Un improvviso no che si trasforma in sì / Come se il buio potesse illuminarsi. / Della stessa assenza di luce / Il chiarore si produce, / Il sole nella solitudine. / Ogni saudade è una capsula trasparente / Che sigilla e nel contempo offre la visione / Di ciò che non si può vedere / Che si è lasciato dietro di sé / Ma che si conserva nel proprio cuore.  La saudade è un sentimento; è la struggente presenza di un’assenza.  (“Toda Saudade” di Gilberto Gil) 

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(638) Fragole

Mi piacciono tantissimo, ma proprio tanto. Mi piacciono così tanto che vado in cerca di quelle migliori: profumate, dolci, succose. Non sempre le trovo, anzi. Negli ultimi anni una volta su dieci, se va bene.

Questa situazione può essere presa benissimo come metafora per qualsiasi cosa che mi piaccia. Ricerco il meglio. Poi non lo trovo sempre, ovvio, ma miro al meglio che c’è. Tanto per intenderci: o mangio una pizza buona o non la mangio, o mi compro un paio di scarpe belle e comode o non me le compro proprio, o ho l’occasione di passare del tempo con persone che per me sono speciali oppure me ne resto da sola. Sono forse un’estremista nella ricerca forsennata della qualità? Sì, e Pirsig sarebbe fiero di me.

Gli escamotage che rendono light le cose che sono in realtà buonissime ma pesanti, li schifo. Piuttosto me ne privo, non è la fine del mondo, ma la Coca-Cola light non la voglio neppure vedere in fotografia. Vada retro.

Stessa cosa per le persone light. E lo so che se lo scrivo sembra ancora più brutto che a dirlo soltanto, ma è la verità. Sono una persona pessima, ma le persone con i neuroni light mi fanno salire la saudade. Non je la posso fa’.

La cosa peggiore? Più invecchio e più ‘sta cosa si radica in me. E non me ne frega niente. Se quand’ero giovane potevo avere un qualche dubbio o rimorso, se riuscivo ancora a valutare la versione sociopatica di me come un problema da risolvere, ora è tutto l’opposto. Ho una sola versione e la versione ribadisce il concetto: solo il meglio. E non è un problema. Un’aggravante che non lascia via di scampo. Lo so.

Fatto sta che il tempo non fa che mettere ancor più in evidenza quei tratti del mio carattere che cercavo di mimetizzare pensandoli orrendi. Mi viene da ridere, ora. Sono probabilmente diventata una persona orrenda e la trovo una cosa superdivertente. A saperlo prima!

Noi prendiamo una manciata di sabbia dal panorama infinito delle percezioni e la chiamiamo mondo.

(Robert M. Pirsig, “Lo Zen e l’Arte della manutenzione della motocicletta”)

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