I sassi si possono tirare. E fanno male a riceverli, se non li prendi al volo. I sassi che ti colpiscono ti vien voglia di rimandarli al mittente in presa diretta, se non lo fai è perché non sei fatta così, tu i sassi non li tiri.
Non li tiri un po’ perché non ti viene in mente, nel senso che sei impegnata a fare altro, un po’ perché sai che fanno male e alla fin fine fare il male con intenzione non ti farebbe dormire bene la notte, e un po’ perché i sassi son come boomerang, tornano indietro facendo un bel giro largo e ti colpiscono con precisione svizzera.
Con i sassi ricevuti ho riempito diversi vuoti, soltanto perché non sapevo dove metterli e li ho messi lì dove pensavo mi sarebbero stati utili a qualcosa. In realtà, i sassi non si deteriorano, si fanno prove eterne di ciò che hai ricevuto e non è un bel servizio che ti fanno, ricordare fa persistere il dolore.
Fatto sta che con tutti questi sassi non sapevo che fare, e li ho messi un po’ qua e un po’ là. Ogni tanto li conto e non ne manca mai uno. Si sono proprio affezionati. Vorrei trovare un posto lontano da me per lasciarli liberi, per farli respirare un po’, ma non è che posso buttarli addosso a qualcuno come se la cosa non mi riguardasse. C’è scritto il mio nome sopra, eh.
Quando li guardo vorrei rilanciarli ai mittenti, perché non sono buona e il pensiero vendicativo lo conosco bene, ma poi lascio sempre perdere e non lo so neppure io il perché. Ora che ci penso: e se li togliessi dai miei vuoti e li raggruppassi per farne una montagnetta? Dall’alto la visuale migliora…
Ecco, forse ho capito a cosa mi possono servire. Ora mi arrampicherò fin lassù per vedere che aria tira. Una volta raggiunta la cima un’altra idea mi verrà di sicuro. Sono pronta.