(465) Ossimoro

I miei pensieri sono l’apoteosi dell’ossimoro. Una lucida pazzia, per alcuni versi, un silenzio eloquente, per altri, e sempre sempre sempre un tacito tumulto nelle viscere. Non li posso addomesticare, i miei pensieri vanno dove vogliono e mi trascinano per i capelli, di qui e di là. Stancante, giuro.

Se da un lato ringrazio il Cielo perché almeno ci sono, il vuoto cosmico neuronale mi fa gelare il sangue, dall’altro mi impongo a periodi un certo rigore. Manco a dirlo, il fallimento è assicurato perché più spolvero e più la polvere si fa.

Capita che, quando sono presa dallo sfinimento, lasci andare le cose così come vogliono andare e nove volte su dieci non mi rimprovero per questo, neppure quando il disastro mi si palesa in tutta la sua mostruosità. La volta che mi rimprovero passo settimane a ripigliarmi, ho un senso autocritico devastante, e un altro buon proposito per questo 2018 è di smetterla di rimproverarmi. Chissà se andrà meglio.

Ritornando all’ossimoro life style, sto sospettando che sia un modo strambo ma efficace di mantenere un certo pseudo-equilibrio. Non solido, forse non troppo reale, ma che per un po’ ti traghetta onorevolmente da una sponda all’altra del fiume senza per questo farti colare a picco per forza. Una teoria leggermente azzardata, me ne rendo conto, ma ho a che fare con due neuroni due, non posso pretendere da me filosofia avanzata – se non quella del pranzo di ieri.

Insomma: essere seriamente giocosa o giocosamente seria? Questo è il dilemma. Io propongo una bella Guinness con abbondanti dippers. Chi è con me alzi la mano!

 

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