(422) Cuspide

In astrologia la cuspide è una linea immaginaria che divide un segno zodiacale da quello successivo e da quello precedente. Una linea immaginaria è quel sottile spazio dove tutto può succedere e lì, in quello spazio, non c’è regola che tenga.

Se sei cuspide ti puoi permettere il meglio e il peggio di due segni zodiacali senza colpo ferire. Come avere un bonus senza scadenza che ti permette di fare e di essere più cose contemporaneamente e non hai neppure bisogno di giustificare sentimenti e azioni, basta dichiarare il tuo stato e il mondo capisce, accetta, passa oltre.

A quelli come me, quelli che odiano certe furbate, stanno sulle palle le cuspidi, ma ammetto che essere cuspide può risultare nel concreto piuttosto divertente.

Ho sempre pensato che essere tutta d’un pezzo fosse una gran fregatura, eppure anche se nella piena consapevolezza dei miei limiti non ho mai saputo fare altrimenti. Mai saputo darmi la possibilità di mutare forma pur rimanendo sempre una fan del “contengo moltitudini” del poeta Walt Whitman.

Forse che mi contraddico? | Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico, | sono vasto, contengo moltitudini.]

Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes.

Ecco, Walt, non te l’ho mai confessato, ma contenere moltitudini a volte non basta, bisogna pure avere le palle per farle uscire ‘ste moltitudini, perché chiuse in una scatola fanno la muffa. Molto probabilmente, azzardo, non ne ho mai avute abbastanza di palle.

Quindi esplicitarsi in incongruenze, discontinuità, contrari e opposti, oltre che risultare liberatorio potrebbe anche essere un modo per riscoprirsi e riprendere un posto nell’Universo che non sia troppo scontato o troppo noioso. Ovviamente tutto questo lo trovo bellissimo in teoria, in pratica mi risulta faticoso e dispersivo. Va a finire che se mi ci ostino creo a me stessa più disagio che libertà e, pur guardando con meno fastidio le cuspidi, rimango nel mio pezzo convinta che – tutto sommato – una certa solidità a qualcuno dovrà pur piacere.

A me, onestamente, non dispiace, ma non nego sia la mia ignavia a parlare per me. Mah!

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