Evidentemente viviamo di strappi. Partiamo tutti belli compatti, niente ci potrebbe distruggere – il nostro pensiero nasce libero e splendente ancora prima di uscire dalla mamma – ma non è così. Appena ci confrontiamo con il mondo iniziamo a subire piccoli strappi. Piccoli, quasi invisibili, ma la nostra trama si indebolisce per forza di cose.
Mano a mano che ce ne accorgiamo, ci costringiamo a prendere ago e filo e ricucirci… un pezzettino per volta, con pazienza. Se non lo fai ti disintegri, pertanto impari a farlo. Impari a farlo sempre meglio. Impari a farlo di default, perché sai che gli strappi sono all’ordine del giorno.
Ci stanchiamo più a ricucire i nostri strappi che a cercare di schivarli, ma per quanto tu faccia è stramaledettamente difficile evitarli. Siamo Esseri sensibili al tempo, agli umori, ai dispiaceri, ai problemi, alle perdite, alle mancanze, alle frustrazioni, alle umiliazioni, ai sogni infranti e via dicendo. Tutto è, potenzialmente parlando, foriero di strappi. Anche se non ci facciamo caso, anche se ci siamo abituati, anche se siamo diventati dei sarti provetti. Non fa niente, è così che si vive. Di strappi e ricuciture.
A me dispiace, voglio dire che preferirei passare il mio tempo a sfoderare colori meravigliosi come fanno i pavoni piuttosto che rammendare orli e rattoppare buchi e sistemare quello che ogni giorno cede in me. Solo che se lascio andare a ramengo tutto non è che si sistema da sola la faccenda, anzi. Una smagliatura al collant e addio collant se lo lasci fare, tanto per intenderci.
Però mi dispiace. Speravo di riuscire a proteggermi meglio.
Epic fail.