(483) Tesoro

Una parola che mi piace è proprio: tesoro. Se pronunciata alla Gollum – il mio tessssssorooo – mi piace ancora di più, perché a forza di dirla una parola perde il nervo e invece quando ne enfatizzi il suono si riprende il potere che aveva all’inizio. Quindi dire di qualcosa che è il mio tesssssorooo mi fa sorridere.

Dico tesoro molto di rado, solo a particolari persone a cui voglio molto bene, un paio di amici in tutto. Non che ad altri amici io non voglia bene, ma a questi due amici m’è venuto naturale chiamarli tesoro a un certo punto e di tanto in tanto li chiamo così.

C’è un’altra parola, invece, che detesto con tutta me stessa. Un odio viscerale, che mi parte dal piloro (probabilmente) e che quando la sento mi fa trasformare in Hulk: cara/caro. Aggettivo che se viene accostato alla mia persona – soprattutto quando il nome di battesimo si omette – mi fa diventare pericolosa. In quell’istante so, anzi SO, che quella persona non è sincera nei miei confronti. Lo SO, senza ombra di dubbio, senza se e senza ma: lo SO.

Se mi chiami tesoro, con tutte le sfumature possibili e probabili, non penso che mi consideri davvero un tesoro, ma ti concedo il beneficio del dubbio. Se mi chiami cara, no. Niente beneficio, nessuna pietà.

Non ricordo se sia sempre stato così o se a un certo punto le cose siano cambiate e il cara mi sia diventato insopportabilmente odioso, non lo so. Quindi non posso ricondurre questo mio sentire a un episodio, a una persona in particolare. Eppure SO.

“Così una cara persona” è soltanto un modo per dire “Poverina/o”, è un’esternazione stucchevole, pietosa, viscida, nauseante. Dimmi “stronza” e ti porto più rispetto, diamine!

Tesoro, invece, ha in sé misteriosi sentimenti da scoprire. Tesoro è qualcosa che riconosci come prezioso, che sei disposto a proteggere a costo della tua vita, capito? Quindi a tutti quelli che lo usano in senso ironico, va tagliata la testa. Subito!

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(442) Qualunque

La qualunque non è un’opzione che contemplo. Mai. Quel massì-una-qualunque non è una scelta, è un alzare le spalle e lasciare che siano gli altri a decidere (o il Destino a decidere per me). Prendi come una morsa tutta la questione del libero arbitrio e la butti nel WC. Così, come se niente fosse.

Qualunque significa che non te ne frega niente, o che te ne frega ma fingi che non te ne freghi, che è anche peggio. Molto spesso mi viene detto che io me la prendo troppo. Che la prendo troppo sul personale. Che dovrei preoccuparmi di meno.

Ok, va bene, ma alzare le spalle non mi piace. Tutto diventa personale quando ti importa, anche qualcosa che riguarda una persona che non conosci. Il discorso diventa un bel fastidio da maneggiare, me ne rendo conto, ma ribadisco che il fatto che il mio essere piuttosto ansiosa per certe cose – per me fondamentali – è sicuramente da curare eppure è – sempre – quel qualcosa che fa capire a chi mi sta di fronte che mi importa.

Mi importa perché si tratta di te e si tratta di me e si tratta di noi e si tratta di tutta l’intera Umanità, che è il nostro genere, la nostra origine, la nostra Essenza. Se ti infastidisce il fatto che mi importa, non è un mio problema ma tuo. Non ti chiedo di condividere ciò che provo, ma non ti permetto di calpestare quello che difendo.

E poi sì, vedrò di non preoccuparmi troppo e me lo ricorderò appena verrai a chiedermi qualcosa. Alzerò le spalle e con un sorriso ti risponderò: “Qualunque, cara/o, qualunque”.

Bello, neh?

 

 

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