Le coincidenze non esistono, esistono i segnali: questo mi ha insegnato “La Profezia di Celestino” (quando avevo circa 22 anni). Da allora non fui più la stessa, divenni in tutto e per tutto una cacciatrice di segnali.
Non è un bel vivere, ve lo garantisco. Tutto quello che accade ha un significato ben più profondo di quello che in superficie si è in grado di scorgere. La vita è un intricato miscuglio di presenze misteriose, apparizioni significative e codici da decifrare. Neppure le ore ti dicono il vero, lo scorrere del tempo è un muoversi di dimensione parallela in dimensione parallela fino a perdere il senso di tutto. Un vero inferno.
Vero, ma non del tutto. Ci sono segnali che son lì apposta per te. Non stanno aspettando nessun altro. Vogliono aiutarti a capire qualcosa. Se fai finta di niente peggio per te.
Ecco, questo peggio-per-te mi è più insopportabile del pensiero della morte, perché significa che me la sono voluta io. Ora: cosa sarà mai una vita trascorsa a elucubrare sui massimi sistemi al confronto di un maledetto peggio-per-te che ti si può palesare in qualsiasi istante per qualsivoglia motivo con violenza incontrollabile e mai davvero indolore? Nulla.
Quindi sto attenta. Sto attenta a quello che mi capita, a quello che mi tocca, a quello che mi circonda, a quello che sembra uno stramaledetto caso ma… potrebbe non esserlo. Anzi: sono sicura che non lo è. E nove volte su dieci, udite udite, è proprio così. D’altro canto non è che con un’indole del genere e un tardo-imprinting di ‘sto calibro potevo diventare altro se non una che viaggia con le storie h24/7, eh!
Però. Però li trovo davvero i segnali. Però non solo li trovo davvero, ma poi significano davvero qualcosa. E ammetto che una certa soddisfazione ce l’ho, e che in questo inferno di ricerca e lavorio sinaptico mi ci diverto un sacco.
Evviva Celestino, evviva la Profezia!