(1080) Pattern

Significa: modello, paradigma, schema. E ognuno di noi si rifà al suo, quello che ha scelto in un tempo e in un luogo preciso o non ben identificato (immagino possa succedere di tutto quando si tratta di pattern 🙄 ) 

[ho usato per la prima volta un’emoji perché non ero sicura che l’ironia fosse percepibile… insicurezza da scribacchina, perdonatemi]

Facendo un libero calcolo dei miei posso ritenermi soddisfatta, ne ho a migliaia. La cosa che mi gratifica di più è che me li sono inventati io stessa prendendo ispirazione da altri che ho trovato in giro e che risuonavano bene con me. Ho colto ciò che più mi piaceva e l’ho sistemato a mio gusto. 

Ne ho per ogni occasione e ogni situazione, non parto mai impreparata, ma la cosa sensazionale è un’altra: non li uso se non in casi di assoluta emergenza. Non li prendo e li uso a prescindere perché non saprei che altro fare, ma quando non so da che parte voltarmi allora ecco che faccio mente locale, scartabello il mio archivio di pattern e scelgo quello che mi sembra più opportuno. Non solo mi tranquillizza sapere che ci sono e che posso chiedere aiuto a loro, ma addirittura ho la certezza che se li applico funzionano. Straordinario vero? Infatti, lo confesso, questo è il mio miglior superpotere. Lo condivido perché riflettendoci sopra potrebbe essere d’aiuto a tutti. Non perché penso di essere l’unica ad averli, ma perché non tutti si rendono conto che ce li hanno e cadono in schemi e modelli conosciuti e rassicuranti in modo automatico, senza rendersene conto.

Ecco, questo meccanismo diventa pericoloso, non ti permette di crescere, non ti aiuta a guardare oltre, non ti fa agire da persona di libero pensiero e libero arbitrio. Bisogna farci caso, ‘sta trappola influisce notevolmente sulla nostra felicità.

Il mio consiglio è farne collezione e in extremis utilizzarli ad hoc. Tutto qui.

[l’opzione fatti-gli-affari-tuoi-e-non-rompere non la trovate qui sotto, ma potete tranquillamente pensarla, è legittimo]

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(60) Delicatezza

Delicatezza è uno dei sinonimi di “sensibilità”. Ho il sospetto che ormai la distanza tra le due attitudini non sia più questione di sfumature. Tutti si reputano sensibili, anzi, si offendono quando qualcuno dubita del loro essere sensibili.

Io penso che lo siamo davvero tutti, tutti molto molto sensibili, ma non significa che tutti i sensibili siano anche dotati di delicatezza. La sensibilità è un “sentire” molto personale, ritagliato e cucito su di noi, sui nostri bisogni, i nostri desideri, le nostre priorità. Lo tradurrei così: io io io io io io io io io io io (ad lib.).

Appena qualcuno ci tocca il nervo scoperto, zak! La nostra sensibilità ha un’impennata. Automatico. Sicuro. Immediato.

La delicatezza presuppone una predisposizione allo spostare quel maledetto “io” in “tu”. Tu come stai? Tu come ti senti? Tu cosa vuoi? Tu come la pensi?

Delicatezza è quando metto da parte il mio “sentire” per occuparmi del tuo. Non perché io debba prendermene carico, solo perché voglio prendermene cura per quello che posso. Magari evito di dire o di fare qualcosa che in quel momento ti risulterebbe come un pugno in faccia.

Essere delicati con gli altri non ha ricompense. Spesso gli altri neppure se ne accorgono, non subito almeno, ma quel “non sferrare il colpo”, quel “guardare da un’altra parte” quando vedi il nervo scoperto che potresti toccare e far sanguinare… ecco quella cosa lì, la delicatezza, è un premio che diamo a noi stessi. Non per essere stati buoni, ma per aver avuto il coraggio di avvicinarci a un altro essere umano disarmati.

Chi agisce con naturale delicatezza può sollevare pesi indicibili. Praticare la delicatezza è un esercizio durissimo e allo stesso tempo leggero e bellissimo.

b__

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