Ci sono variabili e varianti da considerare, sempre. Ogni volta che qualcuno ti racconta la sua storia, individuare tra le righe l’origine della partenza del suo tragitto è indispensabile per comprendere le regole e le dinamiche di quel viaggio. È una cosa sottile sottile, delicata delicata, ma è necessaria. Se non lo fai rischi di fare danni, magari a chi non lo merita affatto.
Diamo per scontato che tutti noi percorriamo sentieri poco illuminati più che autostrade con lampioni equidistanti che ti accompagnano chilometro dopo chilometro. Diamo per scontato che si viaggia sempre di notte, non sappiamo chi siamo, ci conosciamo giusto quel pezzettino che di noi abbiamo già sperimentato vivendo fin lì, ma quel che abbiamo davanti lo ignoriamo bellamente. Diamo anche per scontato che certe cose te le scegli e altre ti vengono imposte, senza cattiveria perlamordelcielo ma la crudeltà in certi casi è inaudita.
Quindi, dicevo, il tragitto ha variabili e varianti, che o le intercetti e le guardi per bene o non capirai mai niente. Mai niente.
Il mio primo dubbio: è proprio indispensabile che tutti capiscano tutto?
Il mio secondo dubbio: è auspicabile?
Il mio terzo dubbio: è sano?
Credo di no. Credo proprio di no.
La cosa che però, ancora e ancora e ancora, mi riporta a casa è che questi tragitti se compresi davvero ti offrono talmente tante riflessioni e piccole-infinitesimali illuminazioni che sarebbe un peccato perdersele.
Al momento sono ferma qui, la stazione è deserta, il bosco attorno filtra la luce di una luna piena che è più morbida di qualsiasi sole in qualsiasi stagione si possa immaginare. Il silenzio è apparente, ci sono voci sussurrate che ancora non so comprendere, ma ho tempo.
Credo ci sia ancora un po’ di tempo per me per riuscire a comprenderle.
Spero.