(210) Hit Parade

Sono cresciuta con le Hit Parade: da Discoring a Superclassifica Show attraversando Sanremo e il Festivalbar e fare un salto sul Rolling Stone o sul Kerrang! o che ne so io. Dal numero 100 alla Top Ten e via su fino al numero 1.

C’era di che incavolarsi. Mai stata d’accordo con le supervendite, sempre controcorrente, sempre dubbiosa su chi giudicava e valutava e decretava il primo di qua e l’ultimo di là.

E siamo pieni di classifiche dei più venduti, dei più letti, dei più votati, dei più cliccati, dei più fashion, dei più underground, dei più bravi…

Ancora non mi piace, ancora dubito di chi giudica e valuta e decreta. M’infastidisce dovermi basare sui voti che altri danno per scegliere quello che mi piace, quello che ritengo essere di valore. Di qualità.

La qualità è il gusto innato per la Bellezza, diceva tra le sue pagine Robert Pirsig, e mentre lo leggevo pensavo: ecco. E forse dovrei riprenderlo in mano quel “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, ma forse non serve. Mi piace essere rimasta così: autonoma nella testa, nonostante le Top Ten che ci bombardano da ogni dove.

Essere il Number One, alla fine, non significa proprio nulla. Mai.

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