(1057) Bisogno

Ognuno per sé è cosciente dei propri bisogni. Che sono per tutti uguali, ma tutti diversi. Abbiamo tutti bisogno di mangiare, bere, dormire, fare sesso, non tutti allo stesso modo però. Chi più chi meno, chi così chi cosà.

Non è che ci siano solo i bisogni primari, quelli sacri che dovrebbero essere diritto di ogni Essere Vivente, ci sono anche quelli secondari e lì si aprono mondi che a volte sarebbe meglio non sondare perché ti verrebbe da tirare giù ogni santo dal paradiso con bestemmioni da guiness dei primati.

Non è che io abbia questa gran voglia di mettermi lì a fare le pulci alla coscienza di nessuno, ma chiamare le cose col nome che meritano quello sì. E queste cose, fatte passare come bisogni secondari, sono in realtà capricci. E che tu abbia cinque anni o cinquanta non fa nessuna differenza, quel tuo sbattere i piedi per terra finché non ottieni quello che vuoi rimane quello che è: un capriccio.

I bisogni hanno a che fare con delle mancanze d’Anima difficili da spiegare e da quantificare, e questi bisogni ce li ha chiunque. C’è chi decide di soffocarli con lo shopping e chi di ignorarli totalmente. C’è chi li vuole affrontare uno a uno per colmarli e chi ne sceglie alcuni e si fa bastare quelli perché sa che tutto non si può avere (o forse sì e arrendersi è soltanto la cosa più facile da fare?).

Vorrei soltanto soffermarmi su un dettaglio piccolo piccolo: quando i tuoi bisogni primari sono sazi hai tutto il diritto di volere di più, ma se quel di-più che vuoi non ha limiti allora l’appagamento che cerchi è un’utopia. Quindi la mia domanda è (domanda che pongo a me stessa, ovviamente): sei capace di gestire la frustrazione e sorridere all’utopia che insegui o sei destinata a soffrirne e diventare il carnefice di te stessa?

Eh. Bella domanda. Bella domanda davvero. Adesso sì che dormirò tranquilla.

Grazie neh.

Alla prossima.

 

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(607) Nonchalance

Dovrei prendere certe cose con distacco. Dovrei. Ma non ci riesco. Eppure sono una persona pacifica, tranquilla, paziente, controllata… o almeno mi sono sempre considerata così.

Eppure se guardo ai fatti, a quanto poco tollerante e controllata riesco a essere quando mi toccano questioni per me cruciali, va a finire che non lo sono. Mi sbalordisce ‘sta cosa. Quando ho cominciato a non essere più pacifica-tranquilla-paziente-controllata? Lo ignoro.

Come può un punto e virgola messo da qualcuno al posto dei due punti scatenare il putiferio dentro di me? Ignoro anche questo.

Il tipo che oggi in tangenziale si è attaccato al baule della mia auto bestemmiandomi contro e facendomi i fari perché voleva passare – eravamo obbligati alla coda e facevamo i 70 all’ora – è pur sempre un mio simile, no? L’ho fatto passare e poi l’ho visto inchiodare cinque metri da me perché un camioncino gli aveva tagliato la strada costringendolo a rallentare ulteriormente, ed è lì che ho pensato che il karma istantaneo è di fatto una meraviglia. Ho riso di gusto, non sono riuscita a impedirmelo.

Reagire con distacco, elargire freddezza anziché sguardi fulminanti è un atteggiamento adulto, elegante, no? Sì, ma non ci riesco. Ascoltare un comizio politico che rasenta il folle, da parte di un decerebrato che pensa di essere il fenomeno della situazione, per la maggior parte delle persone è tollerabile quel tanto da cambiare canale e non pensarci più. Ecco, per me no, io mi costruisco un discorso di opposizione suddiviso in paragrafi e capitoli – tutto nella mia testa – e finché non ho scritto il finale non sono contenta.

Sospetto di non essere così normale come mi sono valutata negli ultimi quaranta-e-rotti-anni. Forse dovrei preoccuparmi.

Valuterò e mi farò sapere.

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