Mi rimane dentro le orecchie l’ultimo pezzo musicale che ascolto (volontariamente o accidentalmente), come fosse inciso sul mio vinile mentale e non se ne dovesse più andare. Quindi se spegnendo la tv mi imbatto nel jingle dei grissini-vattelapesca o nel concerto di Jova è la fine. Sono segnata. Devo per forza sostituire quei suoni con altri, quelli che amo, o mi parte il mal di testa.
La musica conta. Conta eccome.
Quand’ero giovane la prima cosa che chiedevo per fare amicizia con qualche nuovo arrivo era: che musica ascolti? Sapevo già (in linea di massima) cosa aspettarmi e mi sbagliavo raramente, sapevo anche che se mi rispondevano “un po’ di tutto” dovevo per forza evitare da lì in avanti l’argomento perché sarei andata a litigarci di brutto. Ammettevo addirittura di confrontarmi con un fan di Nino D’Angelo, ben motivato poteva trasformarsi in un dialogo interessante, ma con chi ascoltava di tutto e non ci capiva un cazzo no. Era troppo per i miei nervi.
Non so se io sia cambiata negli anni, ma non chiedo più “che musica ascolti” a nessuno. Glielo leggo negli occhi immediatamente e bypasso (sto ridendo).
Stamattina salgo in auto e mi parte il cd che mi sono fatta un paio di mesi fa e che ascolto in loop come se non ci fosse un domani. Mi arriva sparata nelle orecchie un vecchissimo pezzo di Meredith Brooks, “I’m a bitch” che tradotto significa “Sono una Stronza”, e come presa di coscienza di prima mattina (ore 6:45) non è male, dà un certo tono a tutta la giornata.
E non dico com’è andata oggi perché non è così importante, basti sapere che per tutto il giorno mi sono data della stronza e – forse – questo mi ha aiutato ad arrivare a sera. Lo so, le vie della musica sono infinite e io, piano piano, le voglio percorrere tutte.
Che gusto c’è se no?