Essere una ragazza per me non è mai stato un problema, non l’ho mai voluto vivere come un problema. Avrebbe potuto esserlo perché sono nata e cresciuta in una terra piuttosto maschilista e mio padre non faceva eccezioni, anzi.
Non ho mai considerato che diverse condizioni di genere avrebbero potuto ostacolare il mio cammino e, lo ammetto, non ho mai fatto caso a tante cose. Cose sottili o anche grossolane, cose che vedo ora e per fortuna che le vedo solo ora perché avrebbero potuto fermarmi.
Avevo in testa delle mete da raggiungere, le ho raggiunte. No, non quelle fantasmagoriche, quelle modeste tutte però. Sì, perché ho solitamente due modalità di funzionamento che riguardano l’immaginazione: quella stratosferica e quella normal. Mi ha dato più soddisfazioni la seconda, ma attendo con fiduciosa speranza che la stratosferica si dia una svegliata.
Ritornando al punto di partenza: alla mia veneranda età, dove chiamarmi ragazza diventa più che altro un insopportabile insulto, sono diventata ben più sensibile alle situazioni in cui essere una ragazza diventa rischioso o, per lo meno, invalidante. Non lo so il perché, forse perché è più evidente ora che trent’anni fa? Ancora non l’ho focalizzata bene ‘sta cosa.
Quello che so è che se fossi una ragazza oggi, non mi fermerebbe nessuno, peggio di sempre. Avrei più forza e avrei più determinazione per raggiungere ogni meta sul mio cammino. Insomma: essere una ragazza è una forza, sempre. La debolezza è lasciarsi convincere che non sia così. Le ragazze lo devono sapere, oggi più che mai.