(1040) Reattanza

La reattanza è la resistenza psicologica a non eseguire ordini che provengono da persone molto vicine e/o amate che in qualche modo controllano la nostra vita: soprattutto persone di famiglia come genitori, mogli, mariti, ma anche il datore di lavoro(da Focus https://www.focus.it/comportamento/psicologia/che-cose-la-reattanza)

Ora che ho scoperto il nome di questa dinamica sto meglio. Non so come spiegarlo, ma battezzare le cose mi sembra già un inizio per poterle addomesticare e comprenderle. La reattanza è sempre esistita, ma ora è qui davanti ai miei occhi e non mi fa più paura. Alleluja!

Una volta si chiamavano i bastian contrari, ed erano quelli che facevano di tutto pur di non fare quello che gli si chiedeva di fare. Li ammiravo tantissimo. Un paio di amici miei erano specialisti nell’arte della ribellione e non importa quale fosse la punizione, loro perseguivano le loro regole strampalate e non si piegavano di mezzo centimetro. Degli eroi.

Io non pensavo alla punizione, non era quello il punto, ma piuttosto iniziavo a spostare il mio punto di vista cercando di capire perché mi si diceva di fare quella cosa o quell’altra. E mentre ci riflettevo la facevo, così da capirla meglio. Se facevo domande, di solito mi veniva risposto “perché lo dico io” oppure un perentorio “perché sì/perché no” e lì finiva la gran spiegazione. Va da sé che la ribellione dei miei amici era piena di fascino per me, ma sapevo anche che mi avrebbero beccata prima ancora che io fossi riuscita a metterla in atto, soltanto perché mi avrebbero letto negli occhi l’intenzione. Quindi mi limitavo cercando di capire le dinamiche del perché sì/perché no che rimanevano comunque oscure (contradditorie-incoerenti-inverosimili).

A un certo punto smisi di preoccuparmene per fare esattamente quello che a me sembrava giusto fare. La mia vita cambiò drasticamente in meglio. Non sono più ritornata sui miei passi.

Ora, lo ammetto, ci sono volte in cui quando mi viene chiesto di dare una spiegazione risponderei volentieri perché sì/perché no, ma manco di tono perentorio e soprattutto vengo presa dagli scrupoli. Penso sempre che valga la pena spiegare il proprio punto di vista quando qualcuno te lo chiede. Sono sempre meno le persone che chiedono, che vogliono sapere, che vogliono capire. Mortificare questa purezza d’intento credo sia abominevole. Quindi rispondo meglio che posso, mai abbastanza bene però, perché le spiegazioni difficilmente vengono accolte come bastanti, piuttosto sono trampolini di lancio per discussioni a non finire. Che stancano. E forse è questa l’origine dei perché sì/perché no: lo sfinimento.

Detto questo: la reattanza è sacrosanta. Manteniamola intatta.

Usando la testa, per favore.

 

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(392) Quark

quarkkòok› s. ingl. [formato da qu[estion m]ark «punto interrogativo» e fig. «cosa ignota o inconoscibile», e usato come parola di significato indeterminato da J. Joyce nella frase three quarks for Muster Mark del romanzo (1939) Finnegans Wake] (pl. quarkskòoks›), usato in ital. al masch. (per lo più in forma invariata al plur., e con la pron. ‹qàrk›). – In fisica delle particelle, denominazione data (1964) dal fisico statunitense M. Gell-Mann ai costituenti fondamentali della materia adronica, cioè di tutte le particelle osservate che sono soggette alle interazioni forti; l’esistenza di tali costituenti è attestata da numerose evidenze sperimentali, per quanto non siano mai stati osservati quark isolati, nonostante i molti tentativi di rivelarli con tecniche diverse: tale circostanza ha portato a formulare una teoria delle interazioni forti (v. interazione, n. 1), detta cromodinamica quantistica (v. cromodinamica), che attribuisce il confinamento dei quark all’interno degli adroni osservati a meccanismi legati a un numero quantico interno, detto colore. In base alle proprietà osservate i quark sono fermioni (hanno cioè spin 1/2) e hanno carica frazionaria, pari a −1/3 o 2/3 della carica del protone; ogni tipo di quark è replicato in tre colori. I tipi (o sapori, come si dice per distinguere questo numero quantico da quello di colore) di quark finora individuati sono 6, indicati con le lettere u, d, s, c, b e t: i primi due (up e down) sono i costituenti dei protoni e dei neutroni, ossia della materia ordinaria; il terzo è presente nelle particelle strane (v. strano), il quarto in quelle dotate di charm (v.), il quinto, in gergo detto bottom o beauty, in quelle dotate di un numero quantico; il sesto quark, scoperto nel 1995 e detto top o truth, essendo molto pesante decade così rapidamente che non fa in tempo a formare particelle adroniche.

Un punto di domanda, un quark. Questa parola è deliziosa, mi fa sorridere. Se riuscissimo ad affrontare ogni evento della nostra vita come se andassimo incontro a una domanda che ti apre mille strade in risposta, sarebbe perfetto.

E la vita ci prova a farcelo capire che è tutta una questione di ricerca, di insondabile che deve essere sfidato ben sapendo che vincerà lui, di alternative che va a finire in un casino ogni volta perché non ce n’è una che calzi a pennello, nemmeno una mannaggia!

E poi le risposte che trovi sono sempre provvisorie perché siamo noi provvisori: nei desideri, nel nostro agire, nel nostro capire e nel nostro chiuderci e rimbalzare tutto. Provvisori e contradditori. Provvisori e pasticcioni. Provvisori e cialtroni. Noi, tutto insieme, a valanga fino a valle.

Il quark, però, ci riporta in pista. Noi pensiamo che lui non se ne accorga, ma sa esattamente dove porsi e con quanta forza opporsi alle nostre balengate. E combattiamo e ci incazziamo. Restando cialtroni, pasticcioni, contradditori e provvisori, ma non lo ammetteremo mai.

Il quark ride. Fossi in lui riderei anch’io.

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