Non potrei diventare vegetariana, tanto meno vegana, ma le verdure in linea di massima mi piacciono. Odio certi sapori, però, e per quanto io mi renda conto che li posso mangiare senza morirne, li evito volentieri. Tra questi sapori c’è quello del centriolo e della verza, oltre al cavolino di Bruxelles.
Non mi faccio scorpacciate di cipolle, ma mi piacciono. Non mi mangio l’aglio crudo, ma gli spaghetti aglio, olio e peperoncino li adoro. Il basilico mi piace, ma se me ne mangio una foglia mi piego in due dai dolori – il pesto è fuori dalla mia portata, quindi. Adoro i pomodori e l’insalata, il mais e anche i fagioli borlotti, il peperoncino e il wasabi – la cucina messicana è quella giapponese sono le mie preferite.
Mi rendo conto che tutto questo discorso lascia il tempo che trova, ma. Ma invece* mi permette di agganciarmi a un concetto, ovvero: le cose sembrano semplici, ma più si aprono incisi e più si ingarbugliano. Ci sono le migliaia di eccezioni che vanno a contraddire tutto ciò che può essere contraddetto. Il mio rapporto con il basilico, per esempio: il sapore mi piace, la foglia ingerita mi uccide. Tra la bocca e lo stomaco succede qualcosa, la comunicazione si rovina e le conseguenze mi schiantano a terra. Se mangio la verza, però, mi viene da vomitare prima ancora di averla messa in bocca. Se la mangiassi non mi succederebbe nulla di male, il brutto viene prima. Che diavolo significa, dunque?
Niente di che, probabilmente. Soltanto che l’affermazione generica “mi piacciono le verdure” è priva di sostanza quando andiamo ad approfondire l’argomento. In questo senso, anche “odio questo/quello” oppure “amo questo/quello” seguono la stessa regola. Il campo lo si deve limitare se intendiamo farci capire.
Ah, tanto per essere precisi: non amo tutta la carne e neppure amo tutto il pesce o tutta la frutta. Non amo tutte le persone, non odio tutte le persone. Non amo tutto di me, non odio tutto di me. Scelgo accuratamente ogni elemento che tengo e anche ogni elemento che scarto.
La lista dei Nì è lunga, quella è una questione di umore. L’ho detto che non è semplice, eh!
* non è un errore, l’ho fatto perché l’enfasi bisogna calibrarla bene e in questo modo mi sembra di aver fatto un bel lavoro.