(256) Limiti

Odio ammetterlo, ma il concetto di limite ha determinato il mio fare e il mio non fare per tutta la vita. Spesso, per superare ostacoli nel realizzare ciò che desideravo, ho giocato d’azzardo e ho spinto l’acceleratore perché andare oltre era per me vitale. Non ho mai, però, superato il limite della decenza, del decoro, e non perché qualcuno me l’abbia imposto, soltanto perché oltrepassare quella linea mi avrebbe frantumato la dignità. Questa è la parte ok.

Ho creduto per molti anni che certi miei limiti fossero invalicabili perché più di così non mi sarebbe stato possibile migliorare. Una visione parziale di me stessa, una semplice bozza, che si mortificava e si ridimensionava ogni volta per non dover affrontare la cruda realtà. Non so neppure io come spiegarlo, ma proiettata dentro di me la luce si spegne, non ha strada. Solo nella scrittura si espande, ma non grazie a me, nonostante me. Questa parte non è affatto ok.

Oggi tutti i miei limiti archiviati come invalicabili sono qui davanti a me e mi sembrano ancora più mostruosi di un tempo, forse perché l’energia dei vent’anni è solo un pallido ricordo ormai. Me li trovo intatti e interi e intollerabilmente forti, rispetto a come mi sento adesso. E ancora non mi vedo. Ancora la luce non trova la sua strada.

Mi viene da piangere.

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