Ci sono presupposti basic che vanno al di là del sesso di appartenenza. Il rispetto, per esempio. Lo si dà e lo si riceve equamente e non ci sono se e non ci sono ma. Così e basta.
Se riuscissimo a incontrarci tutti in questo punto – tanto per fare un esempio – ci sarebbe un confronto, non un conflitto. Son due cose diverse: il primo lo si affronta per trovare un accordo, il secondo per vincere la battaglia. Due storie assolutamente diverse.
Dando per scontato che ci siano parecchi presupposti sui quali incontrarci – chiunque noi siamo – è sempre più assurdo assistere a quello che riusciamo a mettere in atto quando siamo costretti a interfacciarci l’un l’altra. Imbarazzante.
Devo farti presente che siamo pari, che siamo uguali, che siamo due facce della stessa medaglia. Se non te lo faccio presente mi prevarichi. Ti devo tenere testa, ti devo evidenziare l’arroganza con cui mi approcci, ti devo rimettere al tuo posto perché ti stai prendendo a forza il mio posto e non va bene per niente.
Ci sono profumi unisex, magliette unisex, sentimenti unisex.
Non c’è niente di cui discutere, niente di cui scusarsi, niente di cui lamentarsi, niente di cui accusarsi, niente. C’è un dialogo da aprire, un confronto da gestire, uno scambio di visioni da mettere in atto. C’è un sacco di lavoro da fare, tutto qui. Non deve essere per forza facile, ma si deve fare. Non deve essere per forza divertente (anche se potrebbe esserlo), ma bisogna provarci. Non deve essere per forza risolutivo (eh, magari!), ma un inizio deve pur esserci.
Il pensiero unisex di stasera va a colpire tutto quello che vogliamo categorizzare per renderci meno arduo il compito di capire. Mettiamocela via una volta per tutte: non possiamo capire tutto, non dobbiamo accettare tutto, ma dobbiamo e possiamo affrontare ogni questione con la volontà di trovare un appoggio comune. Da lì si comincia a lavorare: ognuno per sé e tutti insieme.
Che alternativa abbiamo? Il conflitto non credo sia abbastanza.