(643) Confidenze

Sono quei sussurri delicati che ci si scambia tra spiriti affini. Capita che ci si incontri e che il dialogo si sciolga naturalmente, come se non fosse appena iniziato, come se fosse un riprendere il discorso. Non capita spesso, ma capita. E te ne accorgi subito che anche se si scivola sul personale non c’è alcun pericolo. Non hai bisogno di costruire muri, azionare filtri, ingabbiare le parole, storcere i pensieri. Non corri alcun pericolo.

La situazione è così benedetta che non importa se con quella persona ci passerai tre minuti-e-mai-più o una vita intera a chiacchierare, non importa se le reciproche strade si snoderanno in percorsi diversi, importa che quel contatto di fiducia istintiva e istantanea sia accaduto. Ti fa pensare: guarda, guarda che bello che può essere creare un ponte tra me e un altro Essere Umano!

Si attuano strategie sopraffine per tenere gli altri a distanza, magari lamentandoci di essere soli. Ci corazziamo per respingere ogni possibile invasione, ogni probabile aggressione, ogni ipotizzabile intrusione. E ci lamentiamo di essere soli, schiacciati dalla solitudine brutta, quella che ti toglie la voglia di vivere. Siamo bravi a raccontarcela.

Io non sono mai sola. Prima di tutto perché sono con me, e anche se non è sempre una passeggiata è comunque un rapporto duraturo che sto coltivando da tempo, e poi perché mi permetto di incontrare altri Esseri Umani. No, non sempre, non tutti, ma quando sto bene e soltanto persone scelte accuratamente (anche se le ho scelte in tre secondi netti, la cura che ci metti non dipende dal tempo, ma dall’attenzione che gli presti).

Essere soli è una condizione umana imprescindibile, ma la solitudine quella brutta è una condizione passeggera e siamo noi a decidere quanto deve durare il passaggio. Basta un contatto umano autentico a settimana per curare qualunque solitudine. Per essere autentico devi poter parlare ad anima scoperta e rischiare un po’, ma per questo non si muore. Di solitudine brutta invece sì.

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