Credo che la vita sia una questione di ritmo. Non è che si parte con un boogie e si finisce con un boogie, il ritmo non è per forza un andare a manetta. Il ritmo può cambiare, è sano che il ritmo cambi. Soprattutto se la musica cambia, perché il ritmo è una questione complicata:
Il ritmo è una successione di eventi sonori con inerenti durate ed eventuali pause, intervallate nel dominio del tempo (da pochi decimi di secondo a qualche secondo), che seguono, di solito, (ma non obbligatoriamente) uno o più modelli ciclici.
Gestisco il ritmo all’interno delle mie giornate abbastanza bene, molto meglio da quando sono il boss di me stessa. Che qualcun altro decretasse il ritmo delle mie giornate mi faceva prudere le mani. Ero obbligata a fare brutte pieghe, e alla lunga le brutte pieghe si pagano. Ovvio che autogestirsi ritmi e melodie non è automatico, non è che ti programmi corpo e cervello e non ci pensi più. Ci pensi tutto il giorno, tutti i giorni e non ci sono vacanze e non ci sono tentennamenti.
Se ci sono dubbi e ripensamenti, allora perdi il ritmo e sembra che sia la fine del mondo.
No, non lo è.
Sono ancora qui e il mondo sta andandosene in giro-girotondo senza calcolarmi di striscio. Da una parte mi sento sollevata, dall’altro sono infastidita. Direi quasi offesa: ma come? Io perdo il passo e tu manco ti giri a guardare dove sto, come sto e perché?
Va bene, fa niente, non ti preoccupare. Adesso recupero.
Puf puf pant pant… [gergo disneyano]