(920) Bus

Conoscevo l’ombra di un uomo che saliva sui bus random e scendeva al capolinea. Qualsiasi capolinea fosse lui scendeva. Qualsiasi ora fosse lui scendeva. Non sapeva, spesso, dove si trovasse. Si risvegliava in un altro luogo e in un tempo che non controllava più. 

No, non è una storia inventata, ma potrebbe essere l’incipit di una bella storia. Terribile, ma bella. Questa storia prima o poi la scriverò, ricorderò ancora quell’uomo e la sua ombra e ne farò qualcosa di utile. No, non per lui, forse per me, per liberarmi di quell’ombra e di quell’uomo e forse di tutti gli uomini e di tutte le loro ombre che ancora mi occupano la mente. Quelli reali e quelli no. 

Un bel traffico, lo ammetto e lo constato con una malcelata costernazione. Come si sono potute sommare tutte queste ombre dentro di me? Perché non ci ho fatto caso prima? Consapevolezza, questa sconosciuta. 

I bus che ho preso e da cui sono scesa non li conto più, forse dovrei. Ma ho idea che mi sentirei ancora più vecchia di quel che già mi sento e al momento preferirei non focalizzarmi troppo sulle somme che con il peso mi sotterrerebbero prima del tempo.  Comunque è quello che faccio ancora, prendere e scendere dai bus, penso di non aver fatto altro per tutta la vita in effetti. Che sia un’abitudine o un per-forza-di-cose? Non è quello che facciamo tutti? E le nostre ombre che fanno?

Il dubbio che la mia ombra ormai ne abbia piene le palle di seguirmi mi resta. Specialmente in questo momento. Non so perché ma mi sento più sola. 

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(404) Regole

Ci sono delle regole che seguo da una vita, sono regole che mi sono fatta per non perdere la brocca. Non è che mi sono messa lì e me le sono scritte (anche se conoscendomi non ci sarebbe da stupirsi più di tanto), ma si sono impresse dentro di me in modo naturale.

Spesso ho preso regole che hanno creato altri e me le sono sistemate su misura, per quel tanto che mi parevano giuste e adatte a me. Son bravi tutti a seguire regole fatte su misura, potrebbe dire qualcuno. Mi sento di dissentire: innanzitutto se le regole che ti dai le sai solo tu è un niente cambiarle appena non ti fanno più comodo, e poi penso che ci voglia uno sguardo bello lucido per cogliersi in fallo quando si trasgredisce e darsi una strigliata e rimettersi in carreggiata. Ecco, io lo so fare, sono più intrasigente con me stessa che con il resto del mondo terracqueo.

Per fare un esempio: la tanto citata “Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te stesso”, è stato uno degli insegnamenti più importanti che io abbia ricevuto da piccola. I comandamenti sono dieci, ma credo che basti questo per sistemare tutto. I restanti sono specifiche per chi è gnucco e non capisce o fa finta di non capire. Non sono legata alla chiesa cattolica, ma a questo insegnamento sì perché mi ha segnato la vita, mi ha fatto immaginare che tipo di persona avrei voluto diventare, essere.

Ora, gestirsi con una regola del genere non è un giochetto, ti devi sempre bacchettare per una cosa o per l’altra, tutti i santi giorni ne combini una a cui poi sei tenuta a porre rimedio. Questa cosa mi dà un bel daffare da tutta una vita, eppure ne vale la pena. Sto diventando la persone che avrei voluto essere e prima o poi ci riuscirò.

Ci sono altre regole che cerco di seguire, regole che mi danno degli appigli quando sbarello e che ringrazio ogni volta che mi permettono di prendermi per i capelli e cavarmi dai guai. Non abbraccio le regole degli altri, a meno che non le senta giuste per me stessa. Il “giusto” è quella posizione d’equilibrio che ti fa sentire bene, che ti fa prendere possesso di te stesso senza forzature. Quella sensazione di ho-fatto-tutto-quello-che-potevo-con-quello-che-avevo che ti fa dormire sonni non dico sereni, ma di sicuro meno tormentati, che ti fa credere che domani potrai fare meglio.

Tutti noi abbiamo bisogno di regole, peccato che ci aspettiamo che siano gli altri a dirci quali devono essere e a pilotare il nostro stare bene e il nostro stare male, come fossimo delle marionette – e potrei anche riesumare Mangiafuoco, ma non lo farò.

La libertà non è cosa da mammolette, teniamolo ben presente prima di riempircene la bocca e puntare il dito su chi e su cosa ce la sta portando via.

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(316) Ricamo

Ognuno si ricama la vita a proprio gusto, col proprio estro, con i mezzi che ha a disposizione, con desideri e piccoli/grandi sogni che si è cullato lungamente nelle notti in cui dormire era fuori questione.

L’arte del ricamo richiede pazienza, abilità e un disegno sotto. Non ricami improvvisando, ricami seguendo un disegno. Quindi prima disegni, poi ci ricami sopra. Perché? Perché il ricamo è così. Se non ti garba cambia attività.

L’arte del ricamo è quella cosa che non ti rende una stella, ma ti scopre stella nel tuo intimo. Questo credo e constato nel mio andare e incontrare.

Una cosa c’è da dire, però: se qualcuno incontra il tuo ricamo e ci si immerge scoprendone la Bellezza dei dettagli, allora è lì che questo qualcuno brillerà – ed ecco esplicitata la magia.

Non so se ho reso l’idea, ma nella mia testa è così chiara che ridurla in parole equivale a mortificarla. Ricamare la propria esistenza seguendo il nostro intimo disegno è la strada per il Nirvana (per la serie: Perle di Saggezza de no’altri).

 

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