(1054) Inesploso

Calma apparente. Tutto perfetto in superficie e da qualche parte nelle viscere c’è un countdown che provocherà un disastro. Solitamente i disastri succedono così. Ce lo dice la cronaca nera, ce lo dicono i crolli dei ghiacciai nell’Artico e lo sappiamo anche noi perché ognuno di noi sente il proprio conto alla rovescia senza sapere da che parte prendere la bomba. Vero?

Allora due opzioni interessanti ci si aprono davanti:  la numero uno prevede che anticipiamo il botto e facciamo quello che sentiqmo di dover fare, vada come vada; la numero due ci fa nascondere la testa sotto la sabbia mentre ci prepariamo alla deflagrazione e chi s’è visto s’è visto.

Una cosa è certa: l’inesploso, prima o poi, esploderà. Sta a noi maneggiarci come meglio crediamo e sta a noi prenderci in carico tutte le conseguenze del caso.

Le cose che non diciamo e che dovremmo dire, le cose che non facciamo e che dovremmo fare, le decisioni che rimandiamo, i desideri che bruciamo, le occasioni che lasciamo andare… mica penseremo di passarla liscia vero? Sono tutte lì che contano al rovescio e quel tic-tac ci martella le tempie e sovrasta anche il battito del nostro cuore. Resistere è inutile.

Se diciamo quando dobbiamo dire, facciamo quando dobbiamo fare, decidiamo prima che sia troppo tardi, curiamo i nostri desideri per farli realizzare, prendiamo al volo le occasioni che ci fanno vibrare anche se ci sono dei rischi da correre – ma alla fine che sarà mai? – forse, dico forse, anticipiamo il disastro e pilotiamo gli eventi per il meglio. Per noi, per tutti.

La calma apparente è paurosa, sussurra cose tremende, vero? Ecco, teniamo presente quel tic-tac laggiù in fondo e vediamo di farne qualcosa di utile, qualcosa di buono, qualcosa di coraggioso, qualcosa che ci renderà orgogliosi di esserci e di non esserci tirati indietro soprattutto. Non stavolta. Non adesso.

Tic-tac

tic-tac

tic-tac

(…)

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(967) Fuga

Mettere in atto una fuga comporta una certa tensione. Non basta volerla, bisogna saperla progettare nei dettagli se vuoi che funzioni. Ogni fuga che si concretizza ti tira addosso una serie di conseguenze, non tutte piacevoli. Una vera fuga, però, non prevede ritorno. Si va il linea più o meno dritta verso un futuro che ti vedrà altrove. Adiós amigos.

Non basta volerla, la fuga, devi anche essere pronto, per riuscire a metterla in atto. Potresti progettarla per anni, senza mai trovare il coraggio per farlo: fuggire è questione anche di fegato. Fuggi perché la situazione in cui stai ti è insopportabile. Non pensi a quanto ti costerà, ma pensi a tutto quello che ti risparmierai se te ne vai da lì. Questione di sopravvivenza, no? 

Se te la prepari davvero bene, non lasci dietro di te la devastazione. In questo senso non è codardia, fai solo quello che se ne va. E qui si riconosce l’artista dal mentecatto. Palesemente.

Io sono una specialista della fuga mentale, che comporta meno rischi ed è meno eroica, ma se la sai gestire bene dà grandi soddisfazioni. Virtualmente parlando è ciò che rende l’uomo libero, l’andare con la mente altrove intendo. In ogni contesto la si può applicare all’insaputa degli altri e senza colpo ferire. È un sofisticato escamotage che ti permette di non delegare responsabilità e scaricare addosso agli altri fardelli tuoi, ma che aiuta a non andare fuori di testa e commettere sciocchezze inenarrabili. Vi ho convinto?

Ecco, perché forse forse forse lo faccio troppo spesso ultimamente. Se ho convinto voi, però, posso convincere anche me stessa. Alla fin fine che sarà mai? Un po’ di distrazione, un po’ di dispersione, un po’ di disorientamento. Solo un po’. 

Eh.

Adiós amigos.

 

 

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