(748) Radio

Stavi lì ad aspettare che qualcosa arrivasse per farti vibrare un po’. Sapevi quale emittente era più vicina ai tuoi gusti, riconoscevi quelle voci che a farti compagnia ci mettevano un istante e quando salutavano un po’ ti dispiaceva però il giorno dopo alla stessa ora le ritrovavi lì, per te. Questa era la radio che amavo. 

Non immaginavo che un giorno avrei finito con il tenere compagnia a qualcuno (magari molto lontano) allo stesso modo, in una situazione quasi uguale (il podcasting). Eppure l’ho fatto. Non da professionista, ma è andata bene uguale.

Non immaginavo che una volta appeso il microfono al chiodo avrei sentito questa nostalgia. Mi domando se sia ego o cos’altro. Mi manca preparare la puntata, mi manca creare qualche cosa che abbia senso per me e che sento il bisogno di condividere solo per il fatto che prima era soltanto nella mia testa e poi tocca le orecchie di qualcuno chissà dove e chissà quando. Non lo so spiegare meglio, forse non serve.

Non nascondo che avevo deciso di terminare la mia esperienza perché mi mancavano le forze, non riuscivo più a trovare il tempo per dedicarci quell’energia che mi richiedeva. Pensavo di avere detto tutto, molto probabilmente in quel momento non avevo più niente da dire. Mi dimentico spesso che le cose cambiano, e possono cambiare lentamente o meno, dentro di me possono cambiare molto velocemente – tanto che i cambiamenti esterni mi sembrano lunghi da morire.

Ho voglia di ricominciare a dire, di farlo meglio e di farlo ora. Non so dove troverò l’energia ma in qualche modo arriverà. Ogni partenza spaventa un po’, sembra quasi troppo quello che ci aspetta. Raramente è così.

Quindi l’unico modo per partire è… partire. Adelante Sancho!

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(485) Intrecciare

Mi piacciono i capelli lunghi per tutti quegli intrecci che si possono inventare per creare acconciature spettacolari. Ho i capelli lunghi, non me li faccio mai intrecciare da nessuno perché odio che mi si tocchino i capelli – ma io non faccio testo e rimango dell’idea che intrecciare i capelli sia un’arte incantevole.

Intrecciare le vicende di una storia è pane per i miei denti – evviva i luoghi comuni! – e in questo caso è un’arte che pratico tanto e volentieri perché sono convinta che prima o poi diventerò brava, talmente brava da incantare tutti.

Intrecciare relazioni umane mi viene bene a fasi alterne, alle volte me lo potrei proprio evitare, ma con gli anni ho capito un paio di cosette utili e i miei intrecci sono meno rischiosi e meno definitivi di un tempo. In questo caso sto diventando proprio brava, sempre più eremita, ma proprio brava.

Intrecciare le cose della vita è qualcosa che faccio mio malgrado, solo perché le cose della vita mi capitano tra le mani e tra i piedi e in un modo o nell’altro qualcosa mi devo inventare altrimenti qui non si va avanti. Ho il sospetto che così fanno tutti, ma ho anche la certezza che c’è chi lo fa ben meglio di me, talmente bene che io nonostante l’impegno e l’allenamento non riuscirò mai a raggiungere certi livelli di sapienza. Me ne farò una ragione.

Tutto questo per far presente a me stessa che il fatto che non mi taglio i capelli da un paio d’anni è ridicolo. Faccio pratica d’intreccio ogni giorno, in diversi ambiti, e se mi accorcio un po’ la chioma non succede niente. Ecco.

 

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