(835) Perfetto

Perché uno pensa che può essere felice solo se tutto è perfetto, si danna l’anima per far sì che tutto sia perfetto senza mai riuscirci, senza mai essere felice neppure per un istante. Il tempo passa, però. Perfettamente.

Stasera non sono stanca, di più. La prima settimana di rientro dopo la pausa natalizia è stata come essere sollevata da un tornado e provare a ballare la macarena senza ribaltarmi. Impegnativo.

No, non solo a livello professionale, anche a livello emotivo, perché il mio cuore e il mio cervello sono ormai talmente mescolati che non si distinguono più. Fatto sta che sono così e che funziono così e che non c’è niente che non mi tocchi e – molto spesso – quello che mi tocca finisce con il lasciare il segno. Impegnativo anche questo.

Eppure, tra tutto questo ho notato dei momenti perfetti che mi attraversavano da parte a parte e avrei voluto dire tanto e invece sono stata zitta, in contemplazione estatica. Come un incantamento. Perfetto. Sentivo una voce che mi riempiva con delicatezza ogni sbandamento per aiutarmi a restare in equilibrio. Non posso spiegarlo meglio, è tutto quello che so scrivere.

Eppure, in modo perfetto sentivo e mi ritrovavo fatalmente in accordo con quel sottile filo lucente che si dipanava da me all’ovunque che mi stava intorno. E allora posso affermare che perfetto è ogni istante in cui in presenza di me stessa so testimoniare della vita e di quel sentimento che a nominarlo fa paura eppure c’è. Eppure c’è. A occhi aperti e a occhi chiusi. Giorno e notte. Eppure c’è.

Mi sento quasi male a pensarci, la perfezione così com’è davvero (sottile e lucente) mi schianta il petto e le parole non sanno più che fare di sé stesse, se non posarsi qua e là con cautela, come se la terra bruciasse e tutta l’acqua del mondo non fosse sufficiente per chetare l’anima.

Perfetto.

Vero?

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(399) Malavoglia

Se potessi trovare il modo di non fare MAI le cose di malavoglia, avrei risolto tutti i miei problemi in un colpo solo. Odio fare le cose malvolentieri. Quelle cose che sono un fastidio che non riesci a digerire e che per quanto tu possa provare a guardarle con altri occhi non cambia un tubo. Restano una spina nel fianco, a pain in the ass – come dicono perfettamente gli americani.

Mille volte al giorno, cose piccole e grandi, che mi capitano tra i piedi e mi vengono imposte: dalla situazione, da chi mi sta attorno, da-cosa-diavolo-non-so e che non posso schivare. Mille volte al giorno sono troppe per chiunque, ammettiamolo serenamente, santiddio!

Bene, mi ritrovo sempre al punto di partenza: le faccio, rosicando, quindi per forza, odiando me stessa per essere stata incastrata di nuovo e il resto del mondo che trama 24/7 contro di me (e vince pure). Che vita grama, che grama vita!

Certo che so sfoderare il mio più lucente vaffanculo, con una certa maestria lo confesso, ma non posso usarlo mille volte al giorno. Anche se non si trattasse di buonsenso o di buongusto sarebbe comunque una questione di poca intelligenza e morte sicura. Uno su mille, quello più incazzoso, c’è sempre, pronto a spaccarti il muso, eh!

Fatto sta che non ci sono festivi né feriali che tengano, mille volte al giorno per tutti i giorni dell’anno. Può darsi che la mia soglia di tolleranza con l’avanzare dell’età si sia abbassata drasticamente – non lo nego – eppure la sensazione di essere una calamita per i fastidi e le zecche mi rimane.

Di malavoglia. Lo faccio, va bene, ma di malavoglia. Sia chiaro. A tutti.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF