(296) Programmi

I programmi sono fatti per essere disattesi, lo sanno tutti, ma io non mi rassegno. Sia mai!  Quindi ecco qui un breve tutorial per programmare un bel piano:

  1. Fai una bella lista di tutto quello che vorresti fare
  2. Appiccicala in qualche modo sul pannello dietro al monitor (così mentre lavori ci puoi dare una sbirciatina e tenere sotto controllo l’andamento dei lavori)
  3. Spunta ogni voce che hai saputo portare a termine

A questo punto ti arriverà una telefonata per un lavoro urgente, sarai costretta ad accettarlo quindi la spunta rallenterà notevolmente il suo procedere. Appena pensi di poter ricominciare ti arriverà un altro impegno che non potrai rifiutare e da lì a valanga una lista impressionante di urgenze.

Cosa fare in questi casi? Per non rovinarti le giornate struggendoti per i programmi andati a monte, la cosa più saggia è strappare in mille pezzi il foglio/programma e non pensarci più.

Amen

 

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(277) Effetto

Dimmi, che effetto ti fa? Me lo sto domandando da qualche giorno, perché non sono abituata a una situazione come questa. Quindi mi chiedo: che effetto ti fa? L’hai sognato e ora è qui, è quello che avevi immaginato?

Sorprendentemente, la risposta è: sì.

Esattamente così, è proprio questo che voglio per me nei prossimi trent’anni. Così mi voglio sentire, così voglio che sia la mia strada e sempre meglio, sempre meglio, sempre meglio. E non nascondo che il lavoro fatto negli ultimi vent’anni sia stato forsennato e disperato, che avevo paura fosse inutile, che pensavo a un certo punto di essere una povera deficiente e che…

L’effetto che mi fa ora è quello di un’enorme magnifica consapevolezza di senso. Non si tratta di urlare Eureka! o di adagiarsi sugli allori, no. Si tratta di fare sempre meglio, sempre meglio, sempre meglio. Ambizione sfrenata? Forse. Ma, lo ammetto, la curiosità vince su tutto: chissà come sarà quando sarà meglio di così!

Testa bassa e di nuovo al lavoro.

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(244) Quadro

Avere il quadro della situazione non è cosa ovvia né immediata. Mi ci vuole tempo. Anche troppo, spesso. Probabilmente non sono così arguta come dovrei, oppure sono troppo pedante riguardo i dettagli e mi ci perdo.

Dipingere un quadro non è cosa da un giorno, i quadri migliori sono il risultato di ore e ore di lavoro-energia-tormentonellaricerca. Faccio così anch’io quando una situazione ha bisogno di essere analizzata per farsi capire: ore e ore di energia-tormento-lavoro. Ne vale la pena.

Appena il quadro si può dire completato lo si fa asciugare. Si sceglie una cornice e lo si appende a una parete: eccola lì la situazione, decidi tu se tenerla o buttarla. Io non butto via, metto da parte.

Devo trovare il modo di alleggerire le mie pareti. La confusione non mi aiuta a pensare.

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(148) Vittoria

Non mi è mai importato niente di vincere, quando mi ci metto d’impegno e sono soddisfatta di me è già una bella vittoria personale e mi basta. Se, per caso, mi capita di vincere l’euforia mi dura poco, perché già un’altra sfida mi compare davanti e via… si corre di nuovo. Non per la vittoria, ma per misurarmi con la nuova sfida e capire come sono messa. Affronto tutto così, punto a un risultato di qualità anche se è una qualità valutata da me e non dalla giuria che mi vuole perdente. Giusto o sbagliato che sia, faccio così.

Ammetto che se vinco a Monopoli o al Gratta e Vinci mi sento per un attimo felice, ma se perdo va bene uguale. Non è importante.

Detto questo, però, oggi ho vinto una sfida a tutto tondo: io soddisfatta, ma anche la controparte perché mi ha chiamata al telefono per dirmi “Perfetto così, sei bravissima”. Solitamente non do molto peso ai bravissima, ma oggi sento che è diverso. Oggi quel bravissima mi ha sistemato in una posizione decisamente felice, una rivincita nei confronti del passato.

Domani altre sfide, ok, ma stasera lo scrivo: so essere anche bravissima. Eh!

 

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(123) Idee

Siamo tutti portatori sani di idee geniali. Da lì a essere anche creatori ce ne vuole. La cosa migliore che possiamo fare per prendere coraggio è impegnarci a realizzare un’idea per volta e vedere qual è il margine di riuscita.

Il punto sta qui: qual è l’idea che vale la pena essere realizzata? Dipende molto dalla natura dell’idea stessa, ovviamente: è una cosa utile oppure no?

Già qui si butta via metà del nostro genio: solitamente abbiamo idee bellissime e inutili-ssime. Però bellissime.

Ok, in una giornata avrò circa una decina di belle idee, anche bellissime direi, ma non voglio tirarmela troppo. Di queste la metà sono inutili. Anche inutili-ssime, non lo nego. Rimangono cinque idee da analizzare, alla fine me ne rimangono un paio che hanno queste caratteristiche: fattibilità 80%, impegno 80%, risultato prevedibile 50% (di riuscita e/o fallimento).

Sto qui da una giornata intera a convincermi che il 50% è comunque un gran bel risultato per buttarmi a capofitto nel delirio. So già che domani inizierò a lavorarci, testa bassa, finché non le ho realizzate e… chi s’è visto s’è visto.

Alla fine, a me di fallire non me ne frega niente.

i-r-r-e-c-u-p-e-r-a-b-i-l-e

Lo so.

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(103) Soddisfazione

Potrei dirlo in altro modo: appagamento. Sembra un sentimento del tutto egoriferito, forse lo è, ma non lo trovo disdicevole. Tutt’altro.

La massima soddisfazione nel trasferire a qualcuno quello che hai capito, quello che conosci, la provi quando quel qualcuno fa quella cosa sua e la usa bene.

Stasera, all’incontro con il mio piccolo gruppo di Scrittori Instabili, ho visto palesarsi davanti ai miei occhi il frutto di questi anni di lavoro sul narrare. Teste diverse dalla mia che lavorano ognuno con i propri mezzi usando, però, alcune di quelle piccole cose che sono riuscita a passare loro durante i mesi che ci hanno visti insieme. Appagamento, non so come dirlo. Soddisfazione.

Ecco, spesso mi ritrovo soddisfatta di quello che è il risultato del mio lavoro, anche quando il lavoro in sé non è perfetto, anche quando sono la sola a notare la qualità del risultato. Dentro ognuno di questi lavori c’è un progetto, c’è un fine, c’è una logica, c’è una crescita.

La cosa bella davvero? Che non è una cosa che riguarda solo me, ma chiunque ne è coinvolto. Sempre.

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(83) Curioso

E’ curioso il mio modo di affrontare il mio lavoro. Dico “mio lavoro” perché me lo sono scelta io e potrebbe sembrare sia stata una scelta oculata. No, non lo è stata. La potrei definire una scelta azzardata, piuttosto.

Non sono una giocatrice d’azzardo, è una attività che non mi ha mai attirata. Eppure, lo so è strano, nella mia vita ho azzardato parecchio.

Dal mollare tutto per scoprire se la scrittura poteva diventare una cosa seria al mollare tutto per scoprire se in Scozia potevo rifarmi una vita.

(mi accorgo ora che il comune denominatore del mio azzardo è “il mollare tutto”… inquietante)

E sono solo i casi più clamorosi, in realtà azzardo ogni giorno e lo faccio a random. Senza un apparente criterio, solo seguendo una forte intuizione.

Dicevo che trovo curioso questo mio modo di affrontare il mio lavoro, ma forse avrei dovuto confessarlo subito: è curioso il mio modo di affrontare la vita. La mia vita, che è un azzardo e che non so immaginare diversamente.

Curioso, sì.

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(6) Bellezza

Vedere concretizzarsi il frutto del tuo lavoro, questa è la Bellezza che preferisco. Il realizzare nel concreto dà torto a chi mi ripeteva che stavo solo perdendo tempo. Dentro di me lo sapevo che non era così, che stavo crescendo, stavo imparando, mi stavo ubriacando di Bellezza, ma come convincere anche gli altri?

Forse la mossa astuta è stata proprio quella di smettere di convincere gli altri a parole e impormi di rendere quello a cui stavo lavorando semplicemente concreto. Puoi leggere il mio blog o il mio romanzo o i miei racconti. Puoi partecipare al mio laboratorio, ascoltare un mio programma radiofonico o assistere a un mio reading, addirittura a un mio spettacolo… puoi.

L’aria fritta di cui mi nutro alla fine si condensa. Sempre.

Se non succede (quando lascio una storia a metà o non la inizio neppure, quando per qualche motivo s’inceppa qualcosa e non posso portare a termine il lavoro che mi ero prefissata di compiere), quando non succede mi sembra di aver perso tempo.

Che poi non è vero, io non perdo mai tempo: io lo impiego. Come pare a me. Con un piede radicato a terra e un altro che salta sulle nuvole. In mezzo la testa, ma quella… quella a volte serve, altre volte no.

b__

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