(1022) Eletto

Quando vieni scelto dal Caso o dal Destino, insegna Matrix, non ti puoi tirare indietro. In qualche modo pagheresti la tua codardia. Vien chiaro anche, sempre seguendo le vicende di Neo, che la paghi comunque, anche se il coraggio non ti manca e ne usi fino all’ultimo grammo.

Eccoci arrivati al punto. Dentro alla mia Matrix la richiesta di tirare fuori le palle è più che altro un ordine. E, per non venire macellata anzitempo, mi sono ben presto adeguata. Presto, si fa per dire. Mi sono adeguata appena ne ho preso coscienza. Per la serie ognuno-fa-quel-che-può-con-quello-che-ha, quando un certo tipo di dinamica viene adottata con costanza diventa parte di te e vai avanti per inerzia. Non ti chiedi più se sia il caso di tirare fuori le palle, lo fai e basta perché hai imparato che ne sei capace, che ti dà una certa soddisfazione e che, andasse male, il tuo amor proprio se la riesce a metter via in modo decoroso. 

“Almeno ci ho provato” diventa un mantra onorevole.

Nonostante tutto questo, non è che vivere fronteggiando ogni sfida non ti consumi, tutt’altro. Alla fine della giornata sei proprio sfinita. Cioè, non ti rimane neppure la forza per piangere. 

E dopo un po’ ricominci a domandarti: “pillola rossa o pillola blu”? Perché non è poi così scontato e perché le cose possono cambiare e perché… boh, perché siamo sempre lì: domandare è lecito e rispondere è cortesia.

Cortesemente stamattina mi sono risposta: “Basta con le pillole e prendiamola per un altro verso, Babs. Posa tutto a terra e usa quello che hai. Concentrati su quello che c’è. Prendi i pezzi di te che ora ti sono utili e fanne qualcosa. Ormai sei sveglia, non riusciresti a riaddomentarti. Ormai sei oltre e la Matrix non la cambieresti neppure se ritornassi indietro, neppure se la barattassi con un’altra Matrix. E poi, diamine!, mica sei Neo, non sei l’Eletto. Puoi fermarti”.

Più che una risposta è un monologo interiore imbarazzante, me ne rendo conto ora che l’ho riportato qui, ma il succo non cambia: posso fermarmi. 

Ok, mi fermo.

E dormo.

Tanto.

Più che posso.

‘notte.

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(871) Convinzione

Nutrire una convinzione può portare ovunque. E questo non è affatto rassicurante. Sto pensando a tutte le mie convinzioni e c’è di che riderne, lo garantisco. Se non mi fossi focalizzata su alcune di loro ora non sarei qui (nel bene). Se non avessi dato retta ad alcune di loro ora non sarei qui (nel male). Fatto sta che sono qui e ho un po’ di tempo per pensarci e scriverne.

Quando sei convinta che qualcosa sia possibile, e questo è parecchio inquietante, è molto probabile che lo sia. Soltanto perché tu agisci già come lo sia, quindi non dai adito a dubbi e a tentennamenti o anche opposizione (interne o esterne) e vai incontro a ciò che tu già sai che sarà. Possibile. Semplicemente.

Stessa cosa vale per tutto quello che riteniamo impossibile. Lo è prima di tutto perché noi ne siamo convinti. Magari la Realtà o il Destino la pensano diversamente, ma non siamo disposti a credere ad altro se non alla nostra convinzione. Se per noi è impossibile, stiamo certi che impossibile sarà.

Dopo anni di realizzazioni improbabili, ma per mio credo assolutamente fattibili, ho iniziato a pensare che gran parte delle cose che avrei voluto fare e che non ho fatto hanno unicamente me come responsabile: non ero abbastanza convinta. Non ci credevo tanto da poter sentire dentro che era possibile. Che idiota.

Credo faccia parte di quell’ampio discorso sul nostro essere protagonisti della nostra stessa esistenza o solo spettatori. Spesso deleghiamo al Fato la scelta che è solo nostra. Ci convinciamo che non ce la potremo mai fare perché abbiamo una visione di noi fin troppo piccola. Nonostante un ego smisurato, beninteso. Perché una cosa è voler essere e un’altra cosa è essere consapevoli di essere.

Posso affermare con convinzione che io predico bene e razzolo male. Sto ancora qui persa nelle mie paranoie soltanto per poi ridere di me. Che – perlamordelcielo – non fa mai male, ma alla fine diventa stucchevole.

Dovrei svegliarmi. Santiddio!

 

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