(904) Troppo

Il troppo stordisce. Oggi sento il troppo che mi scappa da tutte le parti e a stargli dietro mi gira la testa. Non è una cosa solida, è una percezione.

Cioè in che senso? (cit. Carlo Verdone)

Non lo so. Le percezioni non è che le puoi descrivere per intero, le puoi abbozzare. Tutt’al più le puoi nominare e poi scappare via.

Quindi anche oggi sto parlando di aria fritta. Mi capita spesso. Mi racconto che sotto tutto c’è comunque della sostanza, ma è un modo per perseverare nel mio intento malato più che reale convinzione. State tranquilli, basta non darmi corda e mi spengo.

Ritorno al troppo per una sorta di coerenza, scusate se insisto. Il ragionamento parte da un presupposto: con poco t’ingegni, con troppo ti blocchi. Mi spiego meglio: se hai un’idea, per poco che sia puoi nutrirla e farla crescere e magari riesci a concretizzarla. Se ne hai troppe ti perdi nella selva oscura e son cavoli. 

Se hai pochi amici sai dove andare quando hai bisogno di loro, se ne hai troppi è molto probabile che nessuno di loro sia la persona di cui aver bisogno e potresti trovarti a parlare intimamente con uno sconosciuto alla fermata del bus. Tanto per fare un esempio.

Se hai pochi soldi devi farci conto e scegli con cura le cose che puoi fare e quelle che non puoi fare. Se ne hai troppi non ci pensi, vai a zonzo per il mondo riempiendoti di tutto quello che puoi o soltanto di cocaina (che poi vedi, i pensieri con il troppo si riducono a un nulla). 

Mi rendo conto di aver stretto un po’ troppo il campo da gioco, ma esasperare i concetti è una cosa che mi diverte molto. Si apre qui una lunga disquisizione, tra me e me, su quanto quel poco e quel troppo abbia giocato nella mia storia personale. Una parte di me guarda il poco e l’altra guarda il troppo. Non è che si diano torto a vicenda, stanno solo facendo i conteggi per capire quanto l’uno e quanto l’altro abbiano pesato sul mio bilancio.

Mentre loro lavorano io me ne vado a letto. Perché ho davvero troppo sonno.

‘Notte.

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(454) Contorno

In un piatto, il contorno è pensato per dare risalto alla pietanza principale. Solitamente il contorno deve volare basso, non può avere pretese da superstar perché ciò che deve risultare indimenticabile è il protagonista della ricetta e nient’altro. 

Il contorno fuori dalla cucina ha più agio di mostrarsi, potrebbe essere che in un evento sia il contorno a motivarci a restare o ad andarcene, e il main character può anche andare a farsi friggere.

Penso che sia abominevole considerare poco rilevante il contorno, gli stiamo proprio facendo un torto. Valutando che ognuno di noi lo è stato di contorno, in più di un’occasione, possiamo empatizzare con lui e comprendere come ci si sente a essere considerati un di più. Se ci sei bene e se non ci sei bene lo stesso. E no! Ragionando così va tutto a remengo, ce ne vogliamo rendere conto o no?

Prendi una cotoletta alla milanese: senza cotoletta niente milanese, ovvio, ma senza patatine fritte che tristezza sarebbe?

Prendi un concerto di Vasco: senza Vasco non c’è concerto, ovvio, ma senza i fans adoranti che concerto sarebbe?

Prendi lo Stato Italiano: senza Governo non c’è Stato, ovvio, ma senza i cittadini che diavolo di Stato sarebbe?

Potrei continuare con dieci milioni di esempi diversi, ma il risultato non cambierebbe: il Contorno fa la differenza, il Contorno ha potere quanto il protagonista, il Contorno può – con un colpo di coda – trasformarsi nella superstar della situazione. Lo vogliamo capire una buona volta?!

Se dessimo a Cesare quel che è di Cesare e al Contorno il rispetto che di default gli è dovuto, secondo me, potremmo cambiare le sorti del nostro Destino in men che non si dica. E il Contorno saprà esserci riconoscente, perché lui è un tipo umile, che fa bene il suo lavoro anche senza ricevere premi, e che sa che a fare bene ciò che si sa fare bene non si sbaglia mai. Diamine!

Contorno is the only rule!

 

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(383) Piega

Fare una piega dove è necessario è una delle regole d’oro per far avanzare le cose. Se lo fai, se ci riesci, devi scordartelo subito, devi far finta che tutto vada esattamente come volevi tu e non pensarci più, mai più.

Se non ce la fai, se continui a recriminare, se ritiri fuori la questione ogni tre per due – dimostrando palesemente che non l’hai mica digerita – evita di farlo. Evita. Non puoi continuare a sbattere in faccia a tutti il fatto che tu ti sei fatto andare bene qualcosa che in realtà non ti andava bene. La vita va avanti e tu t’imponi di rimanertene inchiodato lì. Rpeto: se non ce la fai, evita di farlo. Amen.

Negli anni ho accettato il fatto che ci sono cose che non riesco a fare. Non sono affatto d’accordo con chi dice che bisogna sempre superare i propri limiti, penso che ci siano dei limiti che non debbano per forza essere valicati bensì intelligentemente gestiti. So, per esempio, che ci sono cose su cui per me fare una piega è assolutamente fuori questione (tradimenti di ogni tipo, cattiveria, mancanza di rispetto e via dicendo), non posso fare finta di niente, non posso passarci sopra – se non con un TIR – è così e basta. Lo so, dovrei essere più flessibile in quanto tolleranza e sopportazione, ma non lo sono. Non lo sono e non faccio nulla per migliorare, mi tengo così come sono. Amen.

Tutto questo bla-bla-bla per arrivare al punto: posso fare una piega su moltissime cose, ma proprio moltissime. Talmente tante che a fare una lista non basterebbe un anno, talmente tante che si potrebbe sviscerare il concetto di tolleranza e di sopportazione, di pazienza e di comprensione per il resto della mia limitata esistenza. Una cosa devo aggiungere, però, per onestà intellettuale: tutte queste cose su cui posso fare una piega non sono cose importanti. Sono dettagli, sono un contorno che puoi lasciare nel piatto, sono sfumature che in un attimo scompaiono, sono niente. Posso fare una piega su una moltitudine di niente e per questo sentirmi benissimo. Ma proprio benissimo.

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