(1045) Eudemonia

Esercitare liberamente il proprio ingegno, ecco la vera felicità. (Aristotele)

Non ricordo se io abbia già utilizzato questo aforisma di Aristotele nei miei ***Giorni Così***. Non li ho mai riletti questi post e immagino di essermi ripetuta spesso e di aver detto sempre le stesse banalità mese dopo mese, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno. Che tristezza.

Però questa frase l’ho scritta sulla testata del mio letto 25 anni fa ed è ancora lì. Oggi la celebro ufficialmente perché non mi ha mai delusa. E mi piace pensare che Aristotele – ovunque si trovi – provi un certo orgoglio nel vedermi testarda e fedele a questa sua massima nonostante tutto e tutti. Dev’essere gratificante rendersi conto che una tipa qualsiasi in un secolo qualsiasi si sia appropriata di una tua frase – detta o non detta, scritta o non scritta chi lo sa? – e se la sia portata dietro, come Linus con la sua coperta, forgiando il suo presente per anni. Magari tu l’avevi buttata lì a caso, in una sera di sbornia triste sul tavolo del tresette con sulle ginocchia la meretrice di turno e… pensa te. Che ridere. Eh.

Comunque sia, Aristotele ci aveva riflettuto parecchio sull’eudemonia  e sono riflessioni che hanno un certo peso non solo se sei sbronzo. Oggi è stata una di quelle giornate di immersione totale nel mio ingegno che ha dato buoni frutti (non ero sbronza). Eh. Non posso affermare di essere felice come riusciva a esserlo Aristotele – immagino sia una questione legata al livello dell’ingegno – però soddisfatta lo sono di certo.

Tolstoj credeva che la felicità fosse reale soltanto quando condivisa, stasera la voglio condividere perché ho bisogno che sia reale. Un gesto egoistico, me ne rendo conto, ma che importa? Sto condividendo felicità, mica morte.

Bisognerebbe farlo più spesso, condividere la felicità intendo, e imparare ad accogliere la felicità degli altri come una benedizione per tutti mettendo da parte il resto. Quale resto? Le miserie che non ci fanno onore, per esempio, che sono: l’invidia, il cinismo, l’aridità del cuore. Che perdita di tempo.

Eh.

 

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(667) Spiaggia

Soltanto se deserta, non ci voglio vedere nemmeno un paguro, solo così la potrei frequentare. Una relazione esclusiva, senza interferenze e senza distrazioni.

Questo per dire che ci sono cose e situazioni (addirittura persone) che riesci ad apprezzare davvero soltanto se c’è una connessione diretta – senza filtri – e senza inclusioni o condivisioni. La mia lista è lunghissima (sospetto di avere un problema, ma non è questo il punto) e anche se me la scorressi più e più volte al giorno, non credo cambierebbe di molto: rimango un’estremista della focalizzazione, non ci posso fare nulla.

Un bel libro che ti viene rovinato dalle chiacchiere del vicino d’ombrellone che mantiene un volume da rave party anche quando sussurra, figuriamoci al cellulare mentre racconta della sua ultima scopata. Presente? Ok, mi metto a leggere un libro solo in un luogo dove le probabilità di essere disturbata si riducono a un buon 10%. Questo è soltanto un esempio, ma credo basti per rendere l’idea.

Ci sono persone che vanno incontrate e conosciute senza avere attorno casino, bisognerebbe farci attenzione, altrimenti rischiamo di non capirci niente.

Una spiaggia deserta ti urla tutta la sua potenza, potenza che merita di essere ascoltata per intero – guai a perdersi anche soltanto un suono. L’attenzione esclusiva ci viene negata continuamente, come fosse un pericolo e non una intrigante possibilità di scoperta e di comprensione profonda. 

Non dico che tutto dovrebbe essere vissuto così intensamente, ma farsi una lista di cose/persone/situazioni che secondo il nostro sentire meritano un’immersione totale, pura e gioiosa del nostro Essere, credo sia un buon consiglio da offrire a chiunque abbia voglia di costruirsi Giorni Così di una certa sostanza. Ecco.

 

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(444) Neve

Ci sono cose che non dovrebbero essere toccate. Cose che sono già perfette così, perché ci ha già pensato Madre Natura a farle per bene e non è richiesto nessun intervento umano aggiuntivo. Di nessun genere.

Anche certi pensieri non dovrebbero essere toccati. Nascono perfetti, come fiocchi di neve, e se li tormenti anche solo con la punta del polpastrello ti si sciolgono davanti agli occhi e basta, non rimane più nulla. La neve non dovrebbe essere calpestata, solo ammirata da lontano.

Ho imparato a non toccare certe cose, principalmente perché ne colgo la Bellezza e non voglio rovinarla. Stessa cosa per certi pensieri, con l’esperienza ho capito che quelli che ti sollevano il respiro non devono essere toccati né da me né da altri e preferisco lasciarli fluttuare nel mio Iperuranio in segreto, silenziosamente.

Forse si tratta di una certa forma di pudore, alcuni direbbero, ma io mi conosco bene e il mio senso del pudore – ben solido – non ha nulla a che vedere con questa scelta. Voglio solo tutelare il mio sacrosanto diritto al pensiero libero, non mi fido più degli umani e non conto più sulla delicatezza di alcuno.

Ci sono cose e pensieri che dovremmo proteggere da tutti, anche da noi stessi, per una forma di rispetto della Vita e del disegno del Creato. Liberi da un ipotetico sperato sostegno, liberi da un’utopica condivisione fraterna, liberi dal bisogno di popolarità: certe cose e certi pensieri sono già pieni, già forti, già liberi così come nascono. Se smettiamo di prendercene cura, li perdiamo. Per sempre.

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(136) Grazie

Ieri sera a teatro ho incontrato una persona che mi ha riconosciuta dopo anni e mi ha detto quanto ancora nel gruppo di lettura che frequenta (con cui ho trascorso bellissime serate consigliando romanzi e saggi) abbiano un buon ricordo di me. Rileggendo quegli stessi libri che avevo loro consigliato ricordano come ne avevo parlato e li apprezzano anche adesso ancora di più.

Qualche giorno fa una persona che conosco solo attraverso i social e che ha seguito il mio percorso da podcaster fin dall’inizio, mi ha ribadito la sua stima affermando che il mio primo folle programma – di cui lui non si è perso neppure una puntata – sia ancora il migliore format che abbia mai ascoltato.

Oggi a pranzo con amici ho provato un assoluto piacere nel constatare che il nostro modo di comunicare funziona ancora, rafforzato dall’affetto e da tutto quello che in questi anni ci è successo. E tutto quello che abbiamo condiviso non è andato perso, lo possiamo stringere a noi ogni volta ne sentiamo il bisogno.

Sono soltanto tre piccoli eventi in una lista molto lunga che posso compilare giorno dopo giorno senza fatica. Dentro di me c’è autentica gratitudine per tutto questo e per tutto quello che non so scrivere ma esiste e vive.

Dire grazie forse non basta. Sentirlo espandersi dentro di te, però, è bello.

Grazie.

 

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