(920) Bus

Conoscevo l’ombra di un uomo che saliva sui bus random e scendeva al capolinea. Qualsiasi capolinea fosse lui scendeva. Qualsiasi ora fosse lui scendeva. Non sapeva, spesso, dove si trovasse. Si risvegliava in un altro luogo e in un tempo che non controllava più. 

No, non è una storia inventata, ma potrebbe essere l’incipit di una bella storia. Terribile, ma bella. Questa storia prima o poi la scriverò, ricorderò ancora quell’uomo e la sua ombra e ne farò qualcosa di utile. No, non per lui, forse per me, per liberarmi di quell’ombra e di quell’uomo e forse di tutti gli uomini e di tutte le loro ombre che ancora mi occupano la mente. Quelli reali e quelli no. 

Un bel traffico, lo ammetto e lo constato con una malcelata costernazione. Come si sono potute sommare tutte queste ombre dentro di me? Perché non ci ho fatto caso prima? Consapevolezza, questa sconosciuta. 

I bus che ho preso e da cui sono scesa non li conto più, forse dovrei. Ma ho idea che mi sentirei ancora più vecchia di quel che già mi sento e al momento preferirei non focalizzarmi troppo sulle somme che con il peso mi sotterrerebbero prima del tempo.  Comunque è quello che faccio ancora, prendere e scendere dai bus, penso di non aver fatto altro per tutta la vita in effetti. Che sia un’abitudine o un per-forza-di-cose? Non è quello che facciamo tutti? E le nostre ombre che fanno?

Il dubbio che la mia ombra ormai ne abbia piene le palle di seguirmi mi resta. Specialmente in questo momento. Non so perché ma mi sento più sola. 

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(784) Ricaduta

La ricaduta è quella cosa che ti capita il giorno dopo che hai scritto un post intitolato “Ripresa”. In pratica è la vendetta del karma, che ti fa presente che non è mai detta l’ultima parola, che chi ride bene ride ultimo [ed è sempre il karma quello che ride per ultimo] e che mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Conclusione: ben mi sta.

Il raffreddore oggi s’è fatto protagonista, con grande gioia dei colleghi che dribblavano i miei starnuti con grande stile. Li ho amati tanto oggi per non avermi defenestrata. Davvero tanto. Io stessa non mi sopportavo più.

Riprendendo la saggezza popolare di qualche riga più sopra, succede che quando pensi di aver raggiunto il top del minimo zaaaaaaaaaaaaaaak t’arriva la prova che mancava ancora un pezzetto. Non moralmente, stavolta, ma fisicamente sento la botta. La parte positiva è che posso riderci sopra perché i pensieri cupi sono passati, nella sfiga la fortuna. Eh.

Sembrerà stucchevole, ma quando sei nel baratro, anche il minimo miglioramento fa la differenza. Per questo motivo chi ha sofferto apprezza con più intensità gli attimi felici. Quando non hai nulla, ogni cosa bella che ti arriva è una festa. E non lo dico io, è proprio Legge dell’Universo.

Per questa logica, dal mio punto di vista, augurare a certa gente gretta, avida e meschina una secchiata di sana miseria significa aprire loro le porte della felicità. Sì, la mia compassione sa arrivare a tanto.

Ok, naso tappato, post pieno di stronzate, penso di essere arrivata anche per stasera al capolinea. Auguro a tutti la buonanotte e vado ad affrontare col vicks vaporub la mia oscurità che so mi sta aspettando pronta per divorarmi. Amen.

 

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