Tra tutti i deserti non so decidere quale sia il più terribile. A modo mio credo di averli attraversati tutti. L’unica cosa che mi renderebbe il ricordo insopportabile sarebbe accorgermi che il mio passaggio non ha lasciato tracce, che la sabbia, il ghiaccio o la terra hanno già cancellato il mio cammino. Come non fosse mai successo.
Mi rendo conto che è ridicolo, ma mi sembrerebbe di aver sofferto-lottato-sanguinato per nulla, come se non fosse mai stato. Solo me stessa come testimone, come prova, come memoria. Potrei anche dubitare, a un certo punto, che sia accaduto davvero. Che quel deserto sia davvero esistito. Come fare per uscirne? La pazzia.
Di ogni deserto ho apprezzato la durezza, senza cedimenti. Anche se sei sul punto di soccombere, un deserto non si muove a compassione, ti toglierebbe la possibilità di farcela con le tue sole forze. D’altro canto lui è lì per quello. Un deserto ti dà dei segnali di vita, ma non te la offre come se ti fosse dovuto qualcosa. Quale verità può fare più male se non quella che ti sbatte in faccia che niente ti è dovuto e che sei qui per guadagnarti i privilegi che stai reclamando?
Ogni deserto fa di te un niente, tu a quel punto devi scegliere: arrenderti all’evidenza o immaginarti migliore e quindi capace di arrivare all’oasi? Dipende tutto dalla storia che ti stai raccontando, viaggiatore.