Non è finita. Ci siamo dentro fino al collo o anche oltre e sembra che la soluzione (vaccino) sia di complicata gestione. Una sorpresa? Mah.

Ci stiamo rendendo conto che lo smart working può rivelarsi meno smart di quello che pensavamo, che la solitudine ben pochi se la sanno gestire senza andar fuori di testa, che restare connessi 20h al giorno ti frigge il cervello e che siamo pronti a negare l’evidenza anche se questa ci prende a pugni per darci la sveglia. C’è di che stare allegri, vero?

Diamo per scontato che in ogni pezzo di mondo l’epidemia ha ribaltato la situazione a livello sociale, economico, politivo. Ovunque. Nonostante un anno di sacrifici, ancora una parvenza di equilibrio è il massimo a cui possiamo ambire (schivando gli idioti rabbiosi che imperversano ovunque, quelli rosicchiati dalla frustrazione che mantengono alto il malumore, quelli che danno la colpa a chiunque gli passi vicino perché non hanno capacità umane utili da mettere a disposizione).

C’è chi fa del suo meglio, poi. Che vuol dire tanto, che è tutto.  E in questi Esseri Umani che si può contare quando tutto va a scatafascio.

Dire che la Pandemia è una produzione mitica significa sapere con certezza che una quantità enorme di decisioni molto reali l’ha prima resa possibile, poi quasi invocata, poi generata definitivamente, assemblandola con un numero infinito di piccoli e grandi comportamenti pratici.  (Alessandro Baricco, Quel che stavamo cercando 2021 – Feltrinelli) 

Nel mio piccolo cerco di capirci qualcosa e scelgo con cura i miei punti di riferimento. Dal saggio sulla Pandemia di Baricco, che mi ha aperto a scenari che ho potuto riconoscere senza fatica, alla raccolta dati (sulla gestione pandemica e sulle conseguenze) e analisi in vari settori, ascolto e leggo e assorbo per trovarmi una posizione in cui sentirmi a mio agio.

Questo resoconto (che trovate sul sito di Visual Capitalist) ci parla di rivoluzione epocale: poter lavorare nel 2021 è una sfida piuttosto sconcertante per la maggior parte di noi. E noi, in Europa, ce la stiamo passando decisamente bene rispetto a buona parte del resto del mondo (e ho detto tutto).

Eppure il nostro modo di navigare ferocemente tra social networks e piattaforme business ci sta cambiando profondamente, e non è che ne siamo poi così consapevoli, trasformando in nevrosi quello che prima facevamo per divertimento (leggi l’articolo su Wired “Come la pandemia ha cambiato il nostro modo di stare su Internet”). Aiuto.

Tra una ragionata e l’altra mi sono poi imbattuta in un TED talk che mi ha aiutato a sollevare lo sguardo per ricostruire una sorta di base sul quale poggiare il mio sano/insano bisogno di progettualità. Patty McCord (come si legge dalla sua bio: Patty McCord è stata chief talent officer di Netflix per 14 anni e ha contribuito a creare il Netflix Culture Deck. Da quando è stato pubblicato sul web, il Culture Deck è stato visto più di 15 milioni di volte. Sheryl Sandberg ha detto che “potrebbe essere il documento più importante mai uscito dalla Silicon Valley”), autrice di “Il potere delle persone: costruire una cultura di libertà e responsabilità” che ovviamente consiglio di leggere, ha saputo ricavare una sintesi piuttosto interessante. In questo speech, escono delle possibilità (cosa chiedere di più?) su cui puntare e quelle che mi suscitano più entusiasmo sono:

  1. il “non posso/non possiamo cambiare le cose” ora è diventato: le cose se necessario si possono cambiare;
  2. lavoro e vita privata non coincidono, sono due ambienti diversi che viviamo in tempi diversi durante la nostra giornata e dobbiamo tenerli separati altrimenti è un gioco al massacro;
  3. essere adulti, abili e responsabili, non è un optional e mettere il cervello in stand-by quando sei al lavoro (perché c’è chi ti dice cosa fare) non ti fa lavorare bene, non ti fa crescere e non ti fa vivere al meglio un buon 3/4 della giornata;
  4. i risultati contano.

Mi soffermeri personalmente su quest’ultimo concetto: chiunque sia incaricato di compiere un determinato lavoro e non lo fa (o lo fa male perché non attacca il cervello) non ha scusanti. Ovunque e in qualsiasi frangente, se un lavoro non viene svolto al meglio produce conseguenze a valanga. Piccolo o grande che sia, produce danno tutto ciò che non è stato fatto bene. E la Pandemia lo ha evidenziato con una nitidezza che non ci permette più di far finta di niente. Tutti adulti e responsabili. Punto e a capo.

 

E se le cose sono ancora un disastro e non si capisce se stare chiusi in casa o andarsene in giro infischiandocene di tutto, è chiaro che una sorta di nuova vita ce la dobbiamo pur creare. Non dipende da nessun governo, non dipende da nessun DPCM, dipende da noi. Ognuno di noi è chiamato a prendersi in carico tutto ciò che lo riguarda per farne qualcosa di buono. Perché come dice Baricco nel primo articolo scritto per il Post (che potete leggere per intero qui “Mai più, prima puntata”)

(…) tutta la vita che non viviamo per non rischiare di morire (…) 

ci presenterà il conto presto e dobbiamo essere pronti a rispondere a noi stessi per giustificare chi siamo diventati nel frattempo. Cosa ci siamo permessi di imparare, come ci siamo imposti di reagire, dove vogliamo andare (o restare) e con chi. Mettiamola così: fare pulizia ora è più facile perché abbiamo del tempo da dedicarci. Senza illusioni, potrebbe volerci un sacco di tempo. E, senza illusioni, potrebbe essere solo un passaggio con niente di definitivo.

Sarà un bel casino. Prepariamoci.

 

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