Abbracciare una causa per dare una nuova spinta al brand si può. A patto che tu sia sincero e coraggioso, che tu non ti faccia depistare da quello che gli altri potrebbero pensare perché… perché gli altri son lì apposta per farsi convincere e se non sei convinto tu di quello che fai come puoi pretendere di muovere gli animi dei tuoi simili per farli avvicinare a te? 

Focalizza la tua attenzione su ciò che già entra naturalmente nella tua visione e crea il tuo originale mood per sostenere ciò in cui credi. Semplice. Davvero?

Per arrivarci bisognerebbe riflettere sul chi siamo oggi, sul dove ci troviamo ora e da dove siamo partiti, sulla strada percorsa, sulla lista dei goals e dei fails, cercare di capire dove vogliamo andare e proiettarci in un futuro che sia il più vicino possibile al nostro ideale. Dobbiamo permetterci di sognare un po’ per riuscire a comunicare quel sogno al mondo e sperare che il mondo voglia accompagnarci fin là dove il sogno si posa.

Ci sono brand che sentono la necessità di una revisione totale (il classico rebranding), altri che stanno ancora comodi – nonostante gli anni – in quella visione che li ha motivati fin dall’inizio e trovano sul loro cammino situazioni felici alle quali affiancarsi in modo del tutto naturale e per questi ultimi non serve mettere in discussione nulla. 

Però, se appena appena ci si scopre fuori sincrono rispetto al mondo nel quale ci stiamo muovendo allora sarebbe una buona cosa riprendersi in mano e ripensarsi e riproiettarsi in uno scenario che, magari, ci solletica l’entusiasmo ravvivandolo un po’.

Sono diversi i brand che ci stanno pensando, molti quelli che ci stanno provando, pochi quelli che ci riescono in modo convincente. Perché convincere non è un dettaglio: una comunicazione efficace non è quella che ti convince ad acquistare il prodotto bensì quella che sa costruire dentro le persone un’immagine emozionale che le legherà per sempre al brand. Non è soltanto strategia, è fede. 

Sostanzialmente sono convinta che sia più facile credere in qualcosa che hai focalizzato nitidamente, che hai saputo delimitare con precisione e su cui decidi di puntare tutto per vedere come andrà. Mille opzioni possibili, è vero, ma tu ne scegli una e quella porti avanti. Perché ci credi.

Scelgo di inserire in questo post la campagna “We’re Open” di Smirnoff perché ha catturato la mia attenzione, perché pur non essendo una consumatrice del loro prodotto e non facendo parte della community LGBT ho voluto saperne di più, mi sono lasciata trasportare dalla narrazione e ho approfondito certi aspetti della campagna che mi hanno ispirato. Il pay-off è un capolavoro:

“Le etichette sono per le bottiglie, non per le persone”.

 

 

 

 

(…) Sarah Shimmons, marketing manager at Smirnoff, Diageo, said: “Our ‘We’re Open’ campaign showcases nightlife as a place where everyone should feel welcomed for who they are – no matter what their sexual orientation is. We set out to support and give voice to the LGBT community, push the cultural conversation around equality and representation forward, and use our influence in nightlife culture to drive positive change in the communities it represents. (…)      

 The Drum – click here to read more

 

 

 

 

 

 

 

Mi immagino come dev’essere far parte di una realtà imprenditoriale enorme e scandagliare le diverse possibilità che ti si aprono davanti per scegliere quella più adatta al brand, oppure crearsi una situazione ad hoc a cui far aderire un target o l’altro e dare vita a un movimento ricco di risorse e utile alla società, e mi chiedo: come mai il coraggio è così raro nei brand italiani che più si potrebbero permettere libertà che ad altri sono (per forza di cose) negate?

Forse siamo solo all’inizio e questo trend è destinato a durare, lo spero davvero, soprattutto spero che il nostro ritardo sia dovuto a codardia o (peggio) noncuranza.

Staremo a vedere.

 

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