C’è un modo di guardare al mondo che ti fa scartare tutto quello che è superfluo per andare dritto al punto, dove c’è sostanza e dove risuona la vita. Non importa di che prodotto o di che servizio tu ti faccia ambasciatore, se riesci a guardare il mondo in quel modo ti comparirà la soluzione e non dovrai fare altro che eseguirla. Ecco perché il mestiere del creativo – anche se ultimamente te lo spacciano come “alla portata di tutti” – non è fatto di superfici lisce su cui pattinare, ma di crateri in cui lasciarsi cadere per farsi risputare fuori con l’anima infuocata e lanciare lapilli in aria affinché il mondo si accorga di quello che stai facendo.

 

E non si tratta di una gara a chi urla più forte, perché tutti urlano e ti sbattono in faccia la qualsiasi soltanto per provocare una reazione riconducibile a un fittizio desiderio nato e morto dopo solo pochi istanti. Perché ormai quello che consumiamo va oltre la nostra capacità di assimilazione e quello che produciamo va a sommergere qualsiasi parvenza di desiderio ci potrebbe mai venire. Siamo in palese overdose e non ce ne accorgiamo.

 

Eppure, quando sai fare bene il tuo mestiere riesci a guardare il mondo dove nessuno ha ancora guardato per ripresentarlo come nuovo, sottolineandone colori e venature emozionali. Ben pochi sapranno resistere allo spettacolo. Che diventa indimenticabile. Almeno per un po’. Ma se sei fortunato quel po’ può trasformarsi in tanto tanto tempo.

 

Mi piace questo tipo di mestiere, capace di trasformare i dettagli in sostanza vitale. Ogni volta che assisto a uno spettacolo di questo tipo mi viene voglia di lavorare di più, lavorare meglio.

 

 

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