Sembra che il mondo stia scoppiando. Non un botto unico con fungo atomico, ma come popcorn in una pentola bollente. Dal Covid-19 si passa al Black Lives Matters con un imponente cambio di frequenze. Indispensabile e al contempo surreale.
Tutti in casa per non morire contagiati da un virus tremendo, prima. Ora tutti fuori per impedire di essere uccisi da assassini razzisti che non vengono puniti e che non vengono fermati da nessuno.
Come si può non perdere la testa? C’è da chiederselo.
A questo punto, se la sicurezza non è più un bene e la vita non ha più valore… che senso ha tutto il resto? C’è da chiederselo.
E la potenza di un’immagine può farsi sentire senza bisogno di spiegazioni.
Il movimento di persone in preda alla rabbia per i soprusi subiti per troppo tempo diventa rivoluzione distruttiva. Necessario o meno che sia, la violenza chiama violenza.
Anche se inginocchiarsi è la cosa giusta, lo dimostrano migliaia e migliaia di persone che non perdono la testa e tengono la dignità umana al riparo sul gradino più alto nella scala delle priorità, la terra si fa pesante.
Non ci uccide un virus, per fortuna, ma ci può uccidere un poliziotto che ci toglie il respiro.
“I can’t breathe” è un fatto, non è una richiesta o una trovata spettacolare. George Floyd e Breonna Tayler (e molti molti molti altri uccisi impunemente negli anni), sono un fatto, non un racconto fantastico.
Se oggi non sentiamo il respiro che ci manca, a causa di un virus o di un assassino razzista, siamo fortunati. Ma domani potremmo non esserlo altrettanto.
E se in questo momento un post può avere senso (può averlo?), allora è bene esporsi, mettere da parte il superfluo e scrivere con voce ferma.
Qui o in America o in Asia o in Australia, non fa differenza. La distanza si riduce quando la bestialità si palesa sotto gli occhi di tutti. Non c’è scelta se non una: inginocchiarsi. Alzare il pugno contro quel potere misero che pensa di agire indisturbato, nonostante il mondo lo stia guardando. Che quel potere si chiami Trump è solo un dettaglio, sappiamo che il mondo è infestato da virus e esseri miserabili, la lista ce l’abbiamo. All’appello non manca nessuno, nascondersi dietro a un dito non serve, non è mai servito, la realtà lo dimostra.
Comunicare oggi, lo ripeto ancora, significa prendere una posizione. Muriel Bowser, sindaca dem di Washington, ha intitolato una parte della 16th Street (che porta a Lafayette Square, vicino alla White House – al momento protetta da barriere volute dal misero presidente) “Black Lives Matter Plaza”. Poteva farlo e lo ha fatto.
Lo storytelling di questi mesi è pura follia, perché la realtà si sta mostrando con tutta la furia di cui è capace. Noi, co-autori irresponsabili, stiamo vivendo una storia totalmente privi di controllo.
Ripeto: come si fa a non perdere la testa? C’è da chiederselo.
Ok, chiediamocelo. Adesso.
PS: alcuni Brand ci stanno pensando… come? L’Oreal Paris si espone in questo modo sul suo Instagram (può bastare?):
Adidas ci prova così… (è credibile?):
E Nike lo fa con un video sul proprio Instagram (qui):
Il dietro le quinte è pieno di sorprese, leggete l’articolo di Marketing Week (qui) e fatevi la vostra idea.
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