(762) Strano

Pare strano che il Pianeta Terra stia cambiando le sue priorità. Dove c’era caldo da secoli ora sta diventando più freddo e viceversa. I ghiacci si sciolgono, il suolo si spacca, i tifoni imperversano, le piogge sono come secchiate, il vento si è uniformato sulla velocità-Bora ovunque. Pare strano, ci stupiamo, ci preoccupiamo, ci facciamo venire il mal di testa pensando al da farsi. No, non tutti, solo chi ha a cuore le sorti del pianeta e dell’Umanità che contiene, ovvio.

Diamo per scontato che siamo responsabili dell’accelerazione impressionante degli ultimi trent’anni almeno, diamo per scontato lo scagli-la-prima-pietra-chi-è-senza-peccato e diamo per scontato che i danni ci sono e non sono pochi e anche che questo è solo l’inizio. Ora: perché non considerare che Gaia sta cambiando per forza di cose e che noi non ci possiamo fare nulla?

Cosa fai, fermi un terremoto? Un maremoto? Un tifone? Un uragano? Non puoi. Al massimo puoi costruire argini migliori per evitare le esondazioni, puoi prenderti cura dei boschi affinché non vadano a fuoco, puoi tenere puliti gli Oceani, i mari, i fiumi, i laghi. Puoi, certo che puoi, e devi, certo che devi. Però… il cambiamento della Terra, molto probabilmente risente anche dei movimenti dell’Universo e la questione dei cicli e degli spostamenti planetari ci accompagna dagli inizi – anche se i presenti non erano presenti, le notizie sono arrivate fino a qui e un po’ ne dovremo tenere conto, no?

Fa paura? Altroché. Dovremmo diventare più accorti, più responsabili, più accurati nel nostro pensare e nel nostro agire? Ossì! Lo faremo? Ni. A fasi alterne, costruendo e distruggendo, imprecando e benedicendo, un passo avanti e due indietro. Come abbiamo sempre fatto. Posso anche ammettere di essere una pessimista della malora, ma lo abbiamo già ampiamente dimostrato che preferiamo esclamare “strano” piuttosto che attaccarci con coerenza a un pensiero di salvaguardia del nostro meraviglioso pianeta con il suo ecosistema delicato e noi che ci sguazziamo dentro in modo sconsiderato e non meritiamo niente di niente. Eh.

Siamo proprio delle teste di cazzo.

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(412) Uragano

Forse, in certi frangenti, lo sono stata. Distruttiva, intendo. Magari senza volerlo, soltanto per troppa vita. Boh. La questione è che ormai rifuggo gli uragani emotivi, proprio me ne guardo bene dall’esserne coinvolta.

Per certi versi è un peccato, è come perdersi un pezzo di vita, un pezzo di me. Per altri versi benedico questa mia scelta ogni giorno. Sono una dislocata mentale, ormai lo si è capito.

Virtualmente parlando l’uragano porta in sé potenza e furore, è ipnotico e devastante, ti dà il carico d’adrenalina e in certi periodi della mia esistenza ne avevo bisogno – anche come sorta di autopunizione o giù di lì. A pensarci ora, però, mi domando: ma cosa diavolo mi era preso? Perché mi sono messa in quella stramaledetta cosa? Pensavo forse di essere Wonder Woman?

Sì. O comunque non me ne fregava niente di essere devastata e portata via. Dato di fatto, poco felice ma vero. Mi sono anche chiesta per chi io sia stata un uragano, quanti danni io abbia fatto vivendo, quanti cocci mi sono lasciata alle spalle e se qualcuno ne è rimasto ferito. Facendo qualche calcolo: qualche volta. Non tantissime, ma alcune sì. Mi dispiace? In tutta sincerità, poco. Per un paio di queste proprio per nulla. Sono una brutta persona, lo so.

A mia discolpa posso dire che il mio essere emotivamente un uragano silente ha tratto in inganno anche me stessa, non me lo immaginavo di esserlo fino a poco tempo fa. Questo la dice lunga sulla mia presenza scenica nello spettacolo della mia vita, ma forse questo argomento lo affronterò in un altro dei miei Giorni Così e non ora.

Se l’uragano distrugge, aggiungo, la quiete può uccidere. Vorrei non morire di quiete, sarebbe un finale davvero deprimente. Un fallimento. A volte la vita non ti dà scelta, figuriamoci la morte. Eh.

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