(857) Ribelle

Il significato da dizionario è: che rifiuta l’obbedienza. Mi sembra riduttivo, mi sembra un impoverimento del concetto che intristisce il mito. Essere ribelli significa saper disobbedire quando il sopruso incombe. Essere ribelli significa saper usare la propria testa per valutare ogni situazione e saper ascoltare le proprie viscere quando stanno urlando no.

NO!

Ecco, a quest’urlo il ribelle si alza, annusa il vento, sguaina la spada, sale la scalinata e tira fendenti a destra e a manca finché fa fuori ogni fellone che ha sotto tiro. Lo fa perché quel no lo scuote fino alle radici e sa che se farà finta di niente una parte di lui morirà. Un ribelle non ha intenzione di morire prima che sia giunta la sua ora e spaccherà il culo a chiunque cerchi si sopraffare la sua libertà. Un ribelle fa così.

Bene, ma non sempre, perché ci sono diversi tipi di ribellione. Per esempio c’è anche quella più quieta, più studiata, più focalizzata sul lungo periodo. Quella implacabile di chi sa che anche a tirare pugni non è detto che non ti capiti  addosso Iron Fist e ciao ciao mondo, quindi decide di darsi al dribblaggio. Quella che manco un’anguilla potrebbe, quella che mi vedi qui e invece lo scarto mi porta là, quello che basta appena appena che mi sottovaluti e non mi prendi più. Ecco quella. 

Una ribellione così pensata e messa in atto non te la manda a dire. Te la ripete a martello finché non ti arrendi all’evidenza. NON-MI-AVRAI. Il messaggio arriva sempre dalle viscere e ha origine sempre da quel NO potente che ti scuote, ma dopo che ti ha attraversato esce esplicitandosi in una costante energia d’avanzamento a stile libero. Una sorta di ariete-maradona che non intende passarti sopra, ma è intenzionato a lasciarti alle sue spalle. Senza pietà.

Ogni tanto un fendente l’ho tirato anch’io, ma mai letale. Sono un’abile dribblatrice, lo sono diventata ovviamente. Ho preso il toro che c’è in me (mi si addice di più) e l’ho fatto diventare un po’ meno kamikaze, un po’ meno ottuso, un po’ più astuto. Sicuramente col tempo è diventato sempre meno vulnerabile e disposto a farsi obbediente quando il sopruso incombe.

E badate bene: il sopruso a incombere ci mette proprio un attimo.

 

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(701) Ribellione

Disobbedire con criterio: quando si palesa un’ingiustizia, quando chi comanda è un despota insensato e/o crudele, quando veniamo schiacciati nei nostri diritti di Esseri Umani, e via di questo passo. Così si possono cambiare le cose.

Ribellarsi a regole disumane non è una scelta, è l’unica scelta. Perché ormai lo sappiamo che con le regole si parte bene e si può finire molto male, si possono rovesciare i concetti e si possono verificare bestialità inaudite. Questo non significa che le regole siano inutili, il Regno del Caos non prevede superstiti. 

Quindi la ribellione usata con intelligenza strategica, con uno scopo puro, con la pace nel cuore e la voglia di far avanzare il mondo verso un futuro onorevole per tutti è la pratica che tutti dovremmo adottare per sistemare le cose. Recuperi il coraggio dalla cantina, gli dai una bella rinfrescata, lo indossi e fai le scelte che sai che devi fare. Tieni botta e persegui l’obiettivo.

Il punto è: in cosa credi? Credi in qualcosa?

Quando credi, fortemente credi, ti muovi. Indossi il coraggio senza smettere di ascoltare la paura, evitando possibilmente il panico, e procedi con il piano di liberazione. Puoi osare, puoi. Puoi restare dritto davanti al sopruso e far sentire la tua voce, puoi dichiararti contrario, puoi affermare la tua posizione. Fallo in modo da poter essere ascoltato, però: non insultare, non sputare, non umiliare. Gioca pulito e ribellati. 

Prima di procedere, mi raccomando, chiediti di nuovo “in cosa credo?” e ascolta la tua risposta. Se credi che vali più degli altri, se credi di essere la vittima che ha diritto alla sua vendetta, se credi che prima tu e poi gli altri, se credi o io o gli altri, se credi di poterti ergere sopra le regole e le leggi morali, allora forse la tua non è ribellione e te la stai raccontando per accomodare la tua coscienza bucherellata. Lascia stare. Chiamati cialtrone, filibustiere, delinquente – farai una figura migliore, fidati.

Perché le parole definiscono e lucidano sia le menzogne che le verità, e usarle bene dà una grande soddisfazione, ma a reggere la ribellione sono i fatti. I fatti dimostrano chi sei, in cosa credi e cosa sei disposto a fare. Sono i fatti che contano. E non si scappa.

 

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