(922) Dondolare

Pensiamoci: stiamo tra il volere e il non volere per la maggior parte del nostro tempo. Siamo scostanti all’inverosimile. Cambiamo idea mille volte e ci sorprendiamo che l’Universo non ci stia dietro. Ci scandalizziamo che il resto del mondo non ci stia dietro. E, non paghi, non lo ammetteremmo mai. Manco sotto tortura.

Il “volere” presuppone una certa responsabilità. Ci hai pensato bene? Hai valutato pro e contro? Hai presente che poi te lo devi maneggiare tu e che non puoi dare la colpa a nessun altro? Sei sicuro sicuro, proprio tanto sicuro.

No, aspetta un attimo. Ci penso, ok? Massì, lasciamo perdere. Ma, però, in effetti, lo vorrei davvero. Forse non sempre e non così tanto, ma lo vorrei davvero.

Squinternati, ecco cosa siamo.

Si dondola da un capo all’altro. Dondolarsi va bene se dura poco, dopo è la nausea ad avere la meglio e quel che arriva arriva. Spingersi sull’altalena ad oltranza non è che ci fa bene. Le pensiamo tutte e il contrario di tutte, e fermiamo il tempo del nostro volere come se fosse un gioco, ma non è un gioco. O, se lo è, il gioco è bello quando dura poco (dice il proverbio).

Quindi? Niente. Abbiamo l’altalena, il nostro parco giochi privato, i pensieri che vanno e vengono e tutte le voglie del mondo. Sì e no, non sono più opzioni sono una scelta-tandem che prendiamo come buona, come se fosse possibile avere tutto e niente in contemporanea.

Avere tutto e niente in contemporanea è uno stato mentale, sia ben chiaro. E nella nostra mente si confondono i piani e i pesi, perché noi pensiamo che manipolare i pensieri sia anche manipolare la realtà che non ci piace. Ma non funziona. Neppure se sei Dynamo in persona. Non funziona.

Si scende dall’altalena e si sceglie. Così funziona. E quando si fa una scelta la si mette in conto come durevole, solida, soddisfacente.

Durevole

solida

soddisfacente.

Così dovrebbe essere la nostra scelta. E basta dondolarsi!

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