(586) Introspezione

Tutto sommato, questo mio diario è sotto ogni aspetto una potente autoterapia. In primo luogo mi permette di rendere evidente i miei spaventosi loop mentali – cosa da non sottovalutare (per la serie: focalizza il problema e trova una soluzione). In secondo luogo mi impone un limite nella lamentela, così tanto per mantenere un certo decoro – importante per non cadere nell’eccessivamente ridicolo. In terzo luogo mi esplicita con una certa enfasi il livello di insofferenza a cui sono arrivata – che è spaventoso, lo ammetto.

Non ricordo di certo tutto quello che ho scritto in questi mesi, figuriamoci!, e non ho alcuna intenzione di rileggere tutto quello che ho scritto in questi mesi, perlamordelcielo!, ma da quel che mi ricordo penso di aver toccato sì e no una decina di temi importanti, il resto è ripetizione.

Ripetizione = Loop

Se ognuno di noi si guardasse dentro per benino, scoprirebbe che gira sempre sulle stesse tracce. Metti che siamo dei 33 giri, i cari LP tanto per intenderci: abbiamo a disposizione 10 tracce che vanno a comporre la nostra identità e la nostra storia. Ok, il pick up – benedetto lui! – una volta partito arriva alla fine della nostra decima traccia e si alza, ritorna alla prima traccia e ricomincia a farla suonare e via fino alla decima. Così, finché abbiamo giorni a disposizione.

Voglio dire: anche il più tonto di noi all’ennesimo giro di pick up si saprà a memoria, no? Lo facciamo con i dischi dei nostri musicisti preferiti, figuriamoci se non lo possiamo fare con noi  (di saperci a memoria, intendo). Inutile far finta di niente, inutile trovarsi sorpresi. Inutile e falso. Davvero. Sappiamo benissimo che dopo quel passaggio arriva il ritornello e poi il bridge e poi il finale, lo sappiamo. Sappiamo che giriamo in loop e facciamo e diciamo e pensiamo sempre le stesse dieci fottute cose, forse con piccole varianti se siamo abbastanza intelligenti, ma non è mica detto. Lo sappiamo. Fingiamo di no, ma lo sappiamo.

Allora io mi domando: perché fingere? Perché raccontarsela diversamente? Bé, è presto detto: o siamo codardi o siamo superficiali o siamo scemi. Semplice.

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(213) Palloncini

Sospesi tra qui e lassù. Un palloncino non vola troppo alto, scoppia se lo fa. Eppure può percorrere molti pezzi di cielo se piglia il giusto vento, quello gentile. E chi non ha bisogno di un po’ di vento gentile, di tanto in tanto? Eh.

Il cordoncino del palloncino che siamo è chiaramente ancorato a terra, nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare per liberarci e le imprecazioni che ci possiamo inventare per lamentarci del fatto. E il nostro essere sospinti di qua e di là dal vento è più che altro movimento, non uno spostamento davvero reale.

Il vento gentile ci fa ondeggiare, il vento crudele ci fa sbattere a destra e a sinistra, gli uni contro gli altri. Il vento ci fa. Il vento è l’energia che produce in noi azione. Solo che agiamo costretti, subiamo la sua forza e di conseguenza ci muoviamo. Non abbiamo ancora capito che se accogliamo il suo invito, tutto diventa più facile e anche divertente.

Non capisco il perché, ma noi tutti pensiamo che non ci sia alleato bensì nemico. Se il vento ci scuote è per farci scrollare di dosso l’apatia. Non è un bel vivere se ti lasci scorrere sopra il vento senza dargli credito. Eppure continuiamo a combatterlo, come se potessimo vincerlo. Non c’è lotta, però. Non c’è.

Siamo scemi, ecco.

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